I lavori delle donne sono per lo più part-time, temporanei o di breve durata. Quando dei posti di lavoro vengono cancellati, a finire peggio sono soprattutto quelli occupati da donne. Quando poi si riceve lo stipendio a fine mese, quello delle donne è di circa il 20% in meno dello stipendio degli uomini. Lavori, occupazioni, salari. E’ un pezzo di una realtà che si chiama divario o disuguaglianza tra i generi e che si può sintetizzare in questa regola: alle donne si dà meno e/o peggio che agli uomini. L’Istat ha raccontato che nel 2020 – l’anno della pandemia – su quasi 450 mila posti di lavoro persi, il 70% era occupato da donne. Sul lavoro si consuma un divario enorme, perchè il lavoro è il luogo del riscatto, dell’emancipazione, come sostiene la sociologa Enrica Morlicchio: “Su questo punto sono proprio all’antica”, racconta la professoressa Morlicchio.
“Ritengo – aggiunge – che l’occupazione sia lo strumento principale di emancipazione delle donne, perché significa avere la libertà di decidere della propria vita”. Anche gli stipendi si portano via un pezzo di diritto alla parità tra donne e uomini. “Gli ultimi dati di Eurostat – spiega il sociologo Simone Fana – raccontano che la differenza di salari dipende dai lavori che fanno in maggioranza le donne”. Fana spiega che le occupazioni delle donne sono in un buona parte fatte di lavori discontinui e di un minor numero complessivo di ore lavorate rispetto agli uomini. “Eurostat – conclude Simone Fana – stima un gap salariale di più del 20%, se si analizzano le retribuzioni annuali tra uomo e donna”.
Foto | La statua “Fearless Girl” a Wall Street, New York