L’obiettivo di Donald Trump, con le sue affermazioni sulla necessità di bandire i musulmani dagli Stati Uniti, era probabilmente quello di ridare forza a una campagna elettorale sempre meno spumeggiante. Gli ultimi sondaggi in Iowa, il primo Stato dove si voterà per le primarie, danno Trump dietro Ted Cruz, altro candidato che ha fatto delle pulsioni anti-immigrazione uno dei suoi cavalli di battaglia politici.
Le dichiarazioni di Trump hanno però avuto un effetto molto più globale, e reazioni e commenti spesso critici sono venuti da molti punti del mondo. Una condanna radicale è arrivata dalla Gran Bretagna, che martedì ha festeggiato il 50esimo anniversario del Race Relations Act, la legge che proibisce ogni discriminazione sulla base dell’appartenenza etnica e religiosa.
“Non sono assolutamente d’accordo con Trump – ha detto il primo ministro David Cameron – e ritengo le sue parole divisive, non utili e semplicemente sbagliate”. Ancora più duro Zac Goldsmith, candidato dei Tories a sindaco di Londra, che ha definito il magnate americano “una figura totalmente repellente, tra le più maligne oggi in politica”.
Più ironico, ma altrettanto duro, è il sindaco di Londra, Boris Johnson. Nelle sue dichiarazioni sui musulmani, Trump aveva detto che “ci sono aree di Londra e Parigi totalmente raicalizzate, dove la polizia ha paura di entrare”. “Si tratta di cose completamente prive di senso”, ha replicato Johnson, aggiungendo che “la sola ragione per cui io non andrei in alcune aree di New York è il rischio reale di trovarci Donald Trump”.
Anche dalla Francia, dove nelle elezioni regionali di domenica c’è stata importante avanzata della destra, sono arrivate espressioni di condanna. “Mr. Trump, come altri, alimenta l’odio. Il nostro SOLO nemico è l’Islam radicale”, ha scritto in un tweet il primo ministro Manuel Valls. Il governo canadese, che non prende mai posizione su vicende politiche che riguardano altri Paesi, ha però in quest’occasione fatto sentire la sua voce. “Si tratta di opinioni che non possiamo accettare in Canada – ha spiegato il ministro degli esteri Stephane Dion -. Non siamo mai stati così lontani da quello che abbiamo ascoltato negli Stati Uniti”.
Reazioni di condanna sono arrivate dal Pakistan, dove Tahir Ashrafi, guida del Consiglio degli Ulema, ha detto che Trump promuove violenza: “Se un leader musulmano dicesse che c’è una guerra tra musulmani e cristiani, noi lo condanneremmo. Perché non dovremmo condannare un americano che dice le stesse cose?” In Egitto Dar al-Ifta, l’istituzione religiosa centrale, ha definito “retorica d’odio” le affermazioni di Trump, mentre in Israele l’idea di un bando all’entrata dei musulmani negli Stati Uniti ha fatto rinascere vecchie associazioni storiche. Secondo Chemi Shalev, opinionista di Haaretz, “per alcuni ebrei, la vista di migliaia di sostenitori che alzano i loro pugni in segno di rabbia, mentre Trump li incita contro i musulmani e chiede un bando assoluto alla loro entrata negli Stati Uniti, potrebbe evocare delle associazioni con alcune birrerie a Monaco un secolo fa”.
Una delle risposte più significative a Trump, un costruttore con interessi anche in Dubai e Turchia, è però venuta da Khalaf Al Habtoor, un uomo d’affari del Dubai. Lo scorso agosto, Al Habtoor aveva scritto un articolo per The National, un organo di stampa degli Emirati Arabi. Allora, il businessman diceva di “appoggiare la candidatura di Donald alla presidenza”. Martedì, dopo le parole di Trump, Al Habtoor ha parlato a NBC, e si è detto “profondamente dispiaciuto per aver sostenuto” il magnate.