A Schio, in provincia di Vicenza, la giunta comunale ha detto no alla posa di 14 pietre d’inciampo dedicate a 14 concittadini che furono deportati, e morirono, nei campi di sterminio nazisti durante la seconda guerra mondiale. La proposta era stata avanzata dal Partito Democratico.
Motivazione del rifiuto: “È una iniziativa divisiva”. La maggioranza di destra in consiglio comunale aveva obiettato che la posa delle pietre d’inciampo avrebbe portato nuovo “odio e divisioni a Schio”. Quindi niente pietre d’inciampo.
Il caso di Schio è emblematico dell’uso politico della memoria da parte di una destra che in Italia è venata di nostalgie per il fascismo e di spirito di rivalsa e di vendetta, e di disprezzo, nei confronti dell’antifascismo. Non è il solo caso. Nelle ultime ore a Roma sono state imbrattate le targhe di due vie dedicate a deportati.
Imbrattate targhe delle strade intitolate la settimana scorsa a chi ha combattuto contro fascismo e razzismo, prima erano dedicate a firmatari del “Manifesto della razza”. Gesto vergognoso. Ripuliamo subito. pic.twitter.com/fGp18NBqqI
— Virginia Raggi (@virginiaraggi) November 27, 2019
Nei giorni scorsi due comuni avevano detto no alla cittadinanza onoraria a Liliana Segre: Biella e Sesto San Giovanni. Il sindaco di Biella poi, travolto dalla popolarità di Ezio Greggio, il quale aveva rifiutato il riconoscimento che gli era stato proposto in luogo di Liliana Segre, ha cambiato idea e ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria alla donna sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, diventata oggetto di attacchi e minacce e costretta alla scorta.
A Sesto San Giovanni, che da icona della sinistra comunista si è trasformata ormai nel laboratorio politico della destra radicale italiana, invece tengono il punto.
Da Schio a Roma a Sesto San Giovanni la destra radicale manipola la memoria, e tenta una operazione in fondo banale ma che rischia di essere efficace, in assenza di risposte adeguate: la trasformazione della memoria della Resistenza, dell’antifascismo, delle deportazioni, delle vittime del nazifascismo da patrimonio comune a valore di una sola, minoritaria parte.
E la parola d’ordine, in tutti i casi, è “divisivo”. Se sei antifascista, sei “divisivo” perché il fascismo ha pari dignità con l’antifascismo, non può essere discriminato. Semplice, nella sua brutalità. Semplice e pericoloso.
Foto di Christian Michelides