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Dirty War, lettere dal Vietnam. Il graphic novel di Gianfranco Vanni

Dirty War

Per gli statunitensi l’inizio della guerra del Vietnam coincide con la creazione del primo gruppo di consiglieri americani per il Vietnam del Sud, il primo novembre 1955. È da questa data che contano ufficialmente i caduti. Oltre 58 mila nomi, incisi sul memoriale del Vietnam a Washington. In realtà, però, la guerra non fu mai dichiarata esplicitamente e la sua storia inizia ben prima del 55. Come racconta il fumettista Gianfranco Vanni nel suo Dirty War, lettere dal Vietnam, c’entra la colonizzazione francese dell’Indocina e la lotta per la liberazione nazionale, ma anche la guerra fredda, che fece della regione uno dei luoghi strategici dello scontro tra i due blocchi. Scritto vent’anni fa ma pubblicato quest’anno dalle piccole e impegnate edizioni La Carmelina di Ferrara, a cinquant’anni dagli accordi di Parigi del 73 che diedero il via al ritiro americano, questo documentario a fumetti ritraccia cronologicamente la storia di una guerra feroce, mescolando fatti, dichiarazioni ufficiali, immagini che hanno segnato l’immaginario collettivo e soprattutto estratti delle lettere scritte all’epoca dai soldati americani. Dalle prime trasuda la convinzione e l’entusiasmo di uomini venuti a combattere una guerra giusta contro il pericolo comunista. Ma rapidamente emergono la disillusione, l’orrore e tutta la disperazione di stare morendo per una guerra inutile e atroce, a chilometri da una casa che non rivedranno forse mai più.

I testi di questo graphic novel senza vignette né dialoghi sono piuttosto densi. L’autore alterna un font da macchina da scrivere per i documenti storici a, con una quantomeno curiosa scelta grafica, il comic sans per i riassunti cronologici dei fatti. Ma grazie al lavoro sulle immagini e alla prosa asciutta, la mole di testo non diventa mai oppressiva e la lettura ci trasporta indietro nel tempo, al fianco dei soldati americani.

Vanni, che con lo pseudonimo di Collirio firma fumetti dai tempi di Frigidaire, ha lavorato a partire da un ricchissimo archivio fotografico. Quella del Vietnam fu una delle prime guerre mediatiche, coperta da numerosissimi fotoreporter che ci hanno consegnato immagini potenti, e che hanno anche dato la vita per questo. Per ovvi motivi, si tratta in larghissima parte di fotografie prese dal lato americano del fronte, spesso usate per la propaganda, che ci mostrano gli orrori tanto quanto la vita quotidiana dei soldati. Rielaborandole con una tecnica di “posterizzazione” che le priva dei mezzi toni e le rende più grafiche e astratte, obbligando quindi il lettore a ricomporle mentalmente, Vanni riprende un processo artistico molto usato tra gli anni 60 e 70, facendo scattare un’associazione d’idee automatica in chi conosce l’epoca. Le silhouette, comprese quelle più famose come quella del monaco buddista che si immolò a Saigon nel 63, diventano ancora più simboliche e iconiche e richiamano anche grazie all’uso del bianco e nero e del beige, le scene di alcuni dei film più famosi su questa sporca guerra, apertamente citati dall’autore. Profondamente pacifista, questo graphic novel ci riporta nel passato, invitandoci a riflettere su quello che accade ancora oggi. Perché, lo sappiamo bene, le guerre pulite non sono mai esistite.

Dirty War, lettere dal Vietnam. Di Gianfranco Vanni, alias Collirio. 76 pagine a colori. Edizioni La Carmelina, 14 euro.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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