Dopo il successo internazionale dei precedenti film Il profeta e Un sapore di ruggine e di ossa, Jacques Audiard sposta il suo sguardo su una storia di immigrazione e illegalità che lo porta a vincere la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Un tema che continua a essere di strettissima attualità, anche alla luce della chiusura delle porte di fronte agli arrivi dei richiedenti asilo in Francia e mentre la Germania apre a seguito delle più recenti e ammorbidite posizioni della Merkel nei confronti dei profughi in cerca di ospitalità.
Dheepan è un combattente Tamil, ha visto sgozzare la moglie e le figlie e ha scelto di fermare la lotta lasciando lo Sri Lanka per non essere perseguitato. La meta è La Francia, luogo in cui spera di trovare la salvezza e di rifarsi una vita, nonostante il dolore irreversibile. Per affrontare il viaggio e aumentare le possibilità di non essere respinto, si unisce a donna e a una bambina, fingendo di essere una famiglia.
A Parigi Dheepan trova un lavoro come giardiniere e un alloggio, piccolissimo in una delle periferie più profonde. La donna trova un impiego da badante e la bambina viene iscritta a scuola. Però i fantasmi del passato ritornano sempre e Dheepan non si dà pace, finendo invischiato nei loschi giri di un gruppetto di criminali della banlieu.
Lo stile di Audiard in Dheepan è quasi documentaristico, l’unica estetica possibile è cercata nella verità e sui volti dei protagonisti. Attraverso i silenzi, che fanno parte di una comunicazione che passa anche attraverso dialoghi in lingue diverse, come quelli tra la donna dello Sri Lanka e il ragazzo francese, figlio dell’anziano signore che lei accudisce.
Ma anche i dialoghi nella stessa lingua sembrano incomprensibili a chi li pronuncia. Le vite di Dheepan e della moglie per finta sono diverse, i sogni e le speranze anche. Meno il bisogno di amore, in un luogo che non è migliore di quello lasciato.