Daniela Santanché rimane sulla sua poltrona. Nonostante il rinvio a giudizio per falso in bilancio, nonostante tempo fa, Giorgia Meloni disse che avrebbe dovuto lasciare il governo in caso di processo. Rimane perché chiederle un passo indietro sarebbe un problema per l’esecutivo: rischierebbe di aprire il vaso di pandora del rimpasto. E questo, la presidente del consiglio vuole evitarlo a ogni costo, almeno fino a quando riesce.
Il rimpasto non sarebbe automatico, ma è quasi certo che Sergio Mattarella ne parlerebbe con lei: Daniela Santanché sarebbe il terzo ministro a uscire dalla compagine governativa nel giro di qualche mese, dopo Fitto – in Europa – e Sangiuliano – dimissioni; un numero eccessivo per far finta di nulla. Il rimpasto vorrebbe dire un Matteo Salvini che fa fuoco e fiamme per tornare al Viminale, Forza Italia che chiede una nuova poltrona. Un gioco troppo rischioso per la stabilità dell’esecutivo. Meglio evitare.
Daniela Santanché rimane, quindi, fino a quando sarà possibile tenerla sulla poltrona. Se però dovesse arrivare un secondo rinvio a giudizio, in particolare nell’inchiesta sulla truffa aggravata ai danni dell’Inps per la vicenda della cassa integrazione in Visibilia nel periodo Covid, le carte in tavola potrebbero cambiare. Difficile sostenere la difesa di un ministro accusato di una truffa a un ente pubblico. Se dovesse esserci questo secondo rinvio a giudizio, Meloni spera che arrivi il più tardi possibile. La questione temporale è molto importante. Meloni accelerò le dimissioni di Gennaro Sangiuliano in settembre per evitare che si sovrapponessero alla prevista uscita di Raffaele Fitto a fine ottobre. Evitò così il rimpasto. Con Santanché viene usata la logica opposta. Le sue possibili dimissioni devono essere lontane dagli avvicendamenti precedenti in modo tale da apparire un episodio isolato nel quadro di un governo stabile.