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Dalla Costa d’avorio “ Zouzou” il nuovo album della cantante Dobet Gnahoré

Dobet Gnahoré

Le foto di copertina del suo nuovo album Zouzou ritraggono Dobet Gnahoré in abiti e acconciature molto eleganti, ma circondata molto semplicemente da bambini e ragazzini ivoriani: Zouzou è dedicato alle nuove generazioni africane, e con questa uscita la cantante, impegnata sull’infanzia del suo paese, vuole anche lanciare un progetto di orfanotrofio in Costa d’Avorio. Più in generale però le immagini di copertina rappresentano bene la scelta di Dobet Gnahoré di reimmergersi nella realtà del suo paese, scelta significativa, per una artista africana che, più o meno un quarto di secolo fa, giovanissima, aveva scelto di fare base, per la propria vita e la propria carriera, in Europa, e che presto poi si è affermata come una delle figure femminili della musica africana di maggiore successo a livello internazionale. Nel suo album Djekpa La You del 2010, in un brano intitolato Cote d’Ivoire, Dobet Gnahoré, tornata in una Costa d’Avorio ancora tormentata per i gravissimi conflitti etnico-politici che l’avevano attraversata, ma una Costa d’Avorio che – cantava Dobet – le era mancata, si rivolgeva al suo paese come fosse una persona, e le chiedeva scusa per essere stata troppo a lungo lontana. Dieci anni dopo, nel 2020, quando era iniziata l’emergenza Covid, Dobet Gnahoré aveva avuto l’istinto e la prontezza di riflessi di trasferirsi nel suo paese: la cantante ivoriana aveva trasformato l’emergenza in una occasione per riannodare i fili con la scena musicale locale, aveva preso contatto con giovani musicisti e produttori, e aveva lavorato a un nuovo album, che col titolo di Couleur era uscito nel 2021 per l’etichetta Cumbancha, la stessa che adesso pubblica Zouzou. Poi l’emergenza Covid è finita, ma Dobet Gnahoré è rimasta nel suo paese di origine. Dobet Gnahoré è un’artista completa, cantante, percussionista, ballerina, formatasi nella severa disciplina del Village Ki-Yi M’Bock, centro di educazione e creatività artistica multidisciplinare – una fucina di talenti – fondato nel 1985 ad Abidjan dalla teatrante e intellettuale camerunese Were Were Liking: prima di lei nel Village si era già formato suo padre, Boni Gnahoré, che nel 2001 fu protagonista della nostra Extrafesta, in cui anche Dobet, ai primissimi passi della sua carriera, ancora sconosciuta in Europa, fece un’apparizione fuori programma. A qualche anno dal suo album precedente, è una gran cosa ritrovare in Zouzou l’affascinante timbro scuro della voce di Dobet Gnahoré, e il suo forte temperamento di cantante, e il primo merito dell’album è quello di mettere in valore queste sue grandi qualità. L’album è stato registrato ad Abidjan, che è non da oggi un importante polo di produzione e industria musicale, ed è stato prodotto da Momo Wang, noto artisticamente come Dr. Wang, uno dei produttori e creatori di ritmi più richiesti della scena ivoriana, ma non solo da musicisti della Costa d’Avorio: basti dire che Momo Wang ha lavorato per una star come Aya Nakamura, la cantante francomaliana, che, tanto per dare la misura del suo successo, è stata chiamata a cantare Edith Piaf alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Parigi. In giugno e luglio Dobet Gnahoré sarà oltre Atlantico con una ampia tournée negli Stati Uniti e in Canada, che toccherà fra l’altro New York, Berkeley e Vancouver: ci auguriamo di poterla rivedere presto anche in Italia.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    È sempre più in bilico la tregua a Gaza. Il premier israeliano Netanyahu ha detto che la decisione presa all'unanimità dal governo è che "se Hamas non restituisce gli ostaggi entro sabato a mezzogiorno", senza specificare il numero, "il cessate il fuoco verrà interrotto e l’esercito tornerà a combattere. Netanyahu ha anche detto che "alla luce dell'annuncio di Hamas della sua decisione di sospendere il rilascio degli ostaggi, ha ordinato alle Idf di radunare le forze dentro e intorno alla Striscia di Gaza". Le dichiarazioni di Netanyahu seguono quelle di Trump, che ha minacciato “l’inferno” se Hamas non libererà TUTTI gli ostaggi sabato, anche se secondo gli accordi era previsto il rilascio solo di 3 ostaggi. Il rischio della ripresa della guerra si unisce anche al piano di Donald Trump di svuotare la striscia di Gaza. Oggi ha ricevuto a Washington il Re di Giordania, che – insieme all’Egitto – è uno dei paesi individuati da Trump per accogliere i palestinesi espulsi da Gaza. Sia Amman che Il Cairo hanno rigettato la proposta, e Trump ha minacciato di tagliare i fondi a questi due paesi, in violazione anche degli accordi di Camp David del 1979. Sentiamo Eric Salerno, giornalista e scrittore esperto di Medio Oriente:

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