Un incontro che non produrrà alcun accordo, ma che servirà a mantenere aperti i canali del dialogo in un momento molto delicato nei rapporti tra Russia e Occidente. È questo il senso della riunione di questa sera a Berlino sull’Ucraina tra Putin, Poroshenko, Merkel e Hollande.
I quattro, che nel febbraio del 2015 avevano siglato l’accordo di Minsk (denominato Minsk 2), non si vedono da oltre un anno, guarda caso da quando cominciò la campagna militare russa in Siria. Per Vladimir Putin sarà anche la prima trasferta a Berlino da quando scoppiò la crisi ucraina, tra fine 2013 e inizio 2014. Segno che nonostante le tante difficoltà del momento c’è ancora la volontà per lo meno di parlare.
In realtà Kiev e Mosca sono sempre molto lontane. Il presidente ucraino Poroshenko ha detto che l’incontro di oggi servirà a convincere la Russia a rispettare gli accordi di Minsk per quanto riguarda la sicurezza. Il portavoce del Cremlino Peskov gli ha risposto che il governo ucraino è il primo a dover implementare l’intesa del 2015.
Quali sono le questioni irrisolte degli accordi di Minsk?
Kiev dovrebbe garantire lo svolgimento di elezioni regionali e soprattutto riformare la costituzione dando maggiore autonomia alle regioni dell’Est. Mosca e i ribelli filo-russi dovrebbero invece restituire il controllo del confine con la Russia alle autorità ucraine e accettare di far parte di uno Stato ucraino unitario. Qui i nodi sono due: la tempistica, prima una cosa o prima l’altra? E la volontà politica. Kiev vorrebbe evitare di dare autonomia al Donbass, mentre i russi hanno tutto l’interesse a lasciare la crisi irrisolta, in modo da poterla usare in maniera strumentale nei rapporti con Kiev e con l’Occidente.
Europa e Stati Uniti sperano che l’incontro di Berlino serva almeno a far diminuire gli scontri lungo la linea del fronte. Lo stesso accordo di Minsk, seppur in buona parte ancora lettera morta, è l’unico strumento che è riuscito a far diminuire drasticamente il livello delle violenze. In oltre due anni il conflitto nell’Est dell’Ucraina ha fatto circa diecimila morti.
Il viaggio di Putin a Berlino (la scorsa settimana il presidente russo aveva rifiutato di andare a Parigi da Hollande) ci dice che in fondo l’Occidente sa di non poter fare a meno di dialogare con la Russia, pur accettando che una visione comune sarà impossibile ancora per parecchio tempo. Basta guardare alla Siria.
La stessa Angela Merkel, che per interessi economici ha sempre mantenuto aperto il canale con il Cremlino, ha cominciato a parlare di possibili nuove sanzioni contro Mosca per le azioni russe su Aleppo.
Insomma dialogo aperto ma non risolutivo, proprio perché sullo sfondo c’è un rapporto compromesso tra Mosca e le cancellerie occidentali. Questo vuol dire che le crisi in Ucraina e in Siria non sono vicine a una soluzione.