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Tratto dal podcast
Fino alle otto di ven 17/01 (terza parte)
Mondo | 2020-01-17
A due giorni dal vertice di Berlino sulla crisi in Libia, e pochi giorni dopo il fallimento del vertice di Mosca, proviamo a fare il punto della situazione. Cosa sta succedendo in Libia in queste ore? E cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni e nelle prossime settimane?
Ne abbiamo parlato con Umberto Profazio, analista dell’area del Maghreb per la NATO Defence College Foundation. L’intervista di Alessandro Braga a Fino alle Otto
Cosa sta accadendo in queste ore in Libia?
In queste ore la situazione si è apparentemente calmata. È stato un inizio di anno con il via libera del Parlamento turco all’invio di truppe in Libia e qualche giorno dopo c’è stata un’offensiva da parte del Libyan National Army, la coalizione di milizie basata nella Cirenaica e guidata dal generale Khalifa Haftar, che ha perso il controllo di Sirte.
Successivamente vi sono stati tentativi da parte della comunità internazionale di impedire una escalation del conflitto e un rinnovato protagonismo da parte di Russia e Turchia che hanno chiesto un cessate il fuoco.
Nell’incontro di Mosca di qualche giorno fa si sarebbe dovuto firmare un cessate il fuoco permanente, ma il protagonismo di Haftar ha impedito che questa tregua venisse firmata e ha fatto emergere il doppio livello del conflitto libico, che si gioca sia sul piano locale che su quello internazionale.
Si aspettava che a Mosca Haftar non avrebbe firmato questa tregua?
Bisogna ricordare i precedenti. Negli incontri di Parigi del 2018 si era raggiunto un punto di incontro tra le parti, ma anche in quel caso non vi sono mai state delle firme sui documenti che erano stati preparati. In un certo senso c’è questo problema: i due piani, quello locale e quello internazionale, risultano conflittuali.
Mentre la comunità internazionale cerca di mediare con delle conferenze che spesso vengono tenute al di fuori del territorio libico, poi questi accordi non vengono rispettati sul terreno proprio perché vi è una frammentazione del Paese rappresentata dalle numerose milizie. Molto spesso queste milizie non rispettano gli accordi oppure vengono considerate molto legate ai loro sponsor esterni che però non riescono ad esercitare un controllo diretto su di esse. Molto spesso gli incontri e le conferenze che vengono fatte al di fuori del territorio libico non hanno risonanza sul terreno.
A proposito di protagonismo internazionale, in questi ultimi giorni secondo lei come è cambiata la posizione della Russia e della Turchia?
Penso che la Russia abbia cercato di mantenere i contatti con tutte le principali fazioni libiche. Sappiamo che dal punto di vista militare la Russia appoggia Haftar con l’invio confermato di un gruppo di mercenari russi che combattono sul terreno insieme al Libyan National Army a Tripoli, ma allo stesso tempo la Russia continua ad avere contatti col governo di accordo nazionale del premier Fayez al-Sarraj. Questo perché in un contesto in cui l’esito della guerra non è scontato, per Mosca è importante mantenere i contatti con tutte le fazioni. E anche in questo caso si possono leggere i tentativi di avvicinamento che ci sono stati quest’estate con Saif al-Islam Gheddafi, il figlio dell’ex dittatore Mu’ammar Gheddafi.
Per quanto riguarda invece la Turchia, l’appoggio che viene dato ad al-Sarraj non è soltanto ideologico, che può essere rappresentato dalla comunanza con la Fratellanza Musulmana che sostiene il governo di al-Sarraj in Libia, ma arriva anche dalle pretese marittime che vi sono state segnalate con l’accordo di novembre, la delimitazione dei confini marittimi che per Ankara risultano molto importanti.
Tra due giorni ci sarà il vertice di Berlino. Quale soluzione potrebbe arrivare da questo vertice?
È difficile da dire. Sicuramente l’incontro di Mosca ha abbassato le aspettative. Se vi fosse qualche collegamento tra Mosca e Berlino, cosa che sembra confermata dai colloqui tra Angela Merkel e Vladimir Putin, a Mosca si sarebbe dovuto raggiungere un cessate il fuoco, mentre a Berlino si sarebbe dovuta negoziare una soluzione politica al conflitto.
Il fatto che sia fallito il vertice di Mosca fa temere che a Berlino in realtà la soluzione possa essere il raggiungimento di un cessate il fuoco permanente e duraturo, ma ho dei dubbi sul fatto che le due fazioni possano firmare il documento, proprio come è successo a Mosca.
Sarà però importante vedere la posizione internazionale dei principali sponsor delle due parti, se si vorranno impegnare sul rispetto dell’embargo alle armi e sui meccanismi di sanzione nei confronti degli eventuali violatori come possono essere la Turchia o gli Emirati Arabi Uniti, principale sponsor di Haftar.
La posizione della Turchia è quella da tenere d’occhio perchè deve mantenere un certo equilibrio in un conflitto che la terrà molto impegnata in un contesto strategico molto difficile da un punto di vista logistico, ma anche dal punto di vista dell’equilibrio regionale, perché ogni intervento turco potrebbe causare delle ripercussioni con l’eventuale intervento dell’Egitto, che è contrario a ogni allargamento dell’influenza turca nell’area, e scatenare una guerra regionale. Questo è lo scenario più negativo e da cercare di escludere il più possibile.
Quindi quello di domenica potrebbe non essere un passaggio definitivo?
Sì, infatti molti commentatori non parlano di conferenza, ma parlano di processo. Da domenica dovrebbe iniziare questo processo di avvicinamento delle parti che però non include soltanto la negoziazione tra gli sponsor internazionali delle due parti, ma include anche il tentativo di trovare un compromesso all’interno della Libia.
Il piano dell’inviato ONU Ghassan Salamé era proprio questo: cercare di risolvere i due piani, fermo restando la necessità di un cessate il fuoco che per il momento non è firmato ma sembra essere rispettato con alcune minori violazioni.
Foto | Presidenza del Consiglio dei Ministri