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Tratto dal podcast
Tamarindo di mar 04/08
Cultura | 2020-08-04
Crêuza de mä pe Zêna, lo straordinario brano di Fabrizio De André e di Mauro Pagani, è stato vocalmente riarrangiato con i contributi di 18 artisti italiani – di Mina, Zucchero, Diodato, Gianna Nannini, Mauro Pagani, Giua, Vinicio Capossela, Vasco Rossi, Paolo Fresu, Vittorio De Scalzi, Jack Savoretti, Antonella Ruggiero, Francesco Guccini, Ivano Fossati, Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi, Cristiano De André, Sananda Maitreya – in quello che è un grande abbraccio alla città di Genova e ai genovesi dopo la tragedia di ponte Morandi. L’operazione è nata con l’obiettivo di raccogliere fondi per il Memoriale delle vittime e il Parco della Nora e per ricordare ai genovesi che non ci si dimenticati di loro.
Cecilia Di Lieto ha intervistato Mauro Pagani a Tamarindo.
Che effetto ti fa pensare che questo disco è considerato da tutti un capolavoro della musica mondiale?
Ultimamente, forse perchè sto invecchiando, mi emoziona molto.
Raccontaci un po’ come è nata l’avventura di questa versione di Crêuza de mä pe Zêna.
Ho sentito Dori Ghezzi, mi ha detto che volevano utilizzare questo pezzo colonna sonora di “quello che verrà” e da lì è venuta l’idea di coinvolgere più amici possibili per far sentire a Genova che c’eravamo, che volevamo bene a quella città e volevamo fare in modo che la gente si sentisse pensata e amata. Quando fai canzoni fai quello che puoi fare. Quella di Genova è stata una tragedia incredibile e quando abbiamo pensato di realizzare il brano eravamo in pieno lockdown. Tranne pochi amici che sono venuti in studio, tutti hanno cantato da casa. Le righe erano quelle che erano, ma abbiamo cercato di dare spazio a tutti per fare in modo che si esprimessero. E devo dire che il genovese non è una lingua facile. Io sono un bresciano esportato, ma quello di cui mi posso vantare sono i 15 anni di tour con Fabrizio: sentirlo cantare tutte le volte in genovese mi ha fatto imparare per forza. Se vado a Genova e si parla in genovese, io conosco solo le parole che ci sono in Crêuza de mä pe Zêna, tutte le altre non le conosco.
Crêuza de mä pe Zêna, questo abbraccio che avete voluto dare alla città di Genova, è finalizzato alla raccolta di fondi per realizzare dei progetti.
Tutti i soldi che raccoglieremo – tutti hanno lavorato gratis e anche noi autori siamo a disposizione – sono destinati a chi ha perso la casa in quel tragico giorno. Non è molto quello che possiamo fare, ma vogliamo semplicemente ricordare alla gente che non ci siamo dimenticati di loro. È l’abbraccio più forte che potevamo mandare.
Facciamo un passo indietro. Quando è nata Crêuza de mä pe Zêna?
Era il 1984. Io ero in tournée con Fabrizio da un paio d’anni e stavo lavorando da anni sul materiale mediterraneo e sulla musica del mondo. Era il mio grande amore di quegli anni ed era anche una delle ragioni per cui avevo deciso di iniziare il mio tragitto solitario al di là della PFM. Volevo lavorare su quella musica e quando lavoravo con Fabrizio non pensavo a questa cosa sarebbe poi sfociata in un disco così importante. Io semplicemente facevo le mie robe e ogni tanto gliele facevo sentire. Non pensavo che Fabrizio si facesse coinvolgere. Ad un certo punto è arrivato e mi ha detto: “Adesso basta con gli americani, facciamo un disco in cui parleremo dei turchi, degli spagnoli, degli arabi e di tutto quello che sta nel grande mare che è il Mediterraneo. Sul momento non gli ho creduto, ma poi mi sono reso conto che faceva sul serio. Lui ha tenuto nascosto alla Ricordi quello che stavamo facendo fino all’ultimo giorno. Quando il disco è uscito ha vinto tutti i premi che poteva vincere, è stato da subito un disco che mi ha sorpreso. Non mi aspettavo che diventasse così importante e avesse quel successo. Il grande coraggio di Fabrizio mi ha permesso di sperimentare e di realizzare un sogno che da solo non sarei riuscito a realizzare.
Foto dalla pagina Facebook del sindaco di Genova Marco Bucci