Purtroppo, ormai è chiaro, la situazione del Covid in Italia sta rapidamente peggiorando.
Le infezioni quotidiane sono salite del 77% nell’ultimo mese. I ricoverati oggi sono quasi 22mila, dieci giorni fa erano duemila in meno. Quelli in terapia intensiva sono aumentati, nell’ultimo mese, del 60% in Toscana, del 32% in Lombardia, del 20% in Emilia-Romagna.
Le varianti, più contagiose, hanno ormai largamente superato il virus originario.
Insomma, la situazione è cambiata.
Il governo Draghi è entrato in carica da tre settimane e sarebbe quindi ingeneroso attribuirgli troppe responsabilità. Però emerge con chiarezza che accanto alla strategia vaccinale, che è di lungo termine, non c’è una strategia di prevenzione e di anticipo sul breve, cioè fino a quando i vaccini non inizieranno a ridurre i contagi.
Ogni sforzo è proiettato verso il dopodomani, ma intanto si è creato il grande buco: un mese, un mese e mezzo di buco, fino ad almeno fine marzo metà aprile.
Così siamo finiti in una nuova emergenza, in una nuova angoscia.
Angoscia che viene accresciuta, e non diminuita, dall’assenza ostinata del capo del governo, una scelta di assenza che non è più comunicativa ma è sostanziale, perché nei momenti bui chi governa ha il dovere di mettere la faccia, di dire ai cittadini quello che sta succedendo e di dire quello che sta facendo per evitare il peggio oggi, non solo tra due mesi.
All’estero lo fanno tutti, da Macron a Johnson, da Merkel a Biden, che ha parlato agli americani giusto ieri notte. Siamo solo noi ad avere, nel momento più difficile, un potere totalmente muto e invisibile.