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Tratto dal podcast
Prisma di mer 14/10/20
Coronavirus | 2020-10-14
La curva dell’epidemia è in crescita in tutto il Paese, e in gran parte del resto del Mondo, ma anche per questa cosiddetta seconda ondata la Lombardia si conferma la Regione più colpita. Da qualche giorno, però, è l’area metropolitana di Milano a far registrare circa la metà dei contagi da COVID dell’intera Regione e l’ipotesi di nuove misure più limitanti per Milano non è così lontana dalla realtà.
Ne abbiamo parlato con Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell’ATS Milano. L’intervista di Lorenza Ghidini e Alessandro Braga a Prisma.
L’area metropolitana di Milano sta registrando da giorni circa la metà dei contagi di COVID del territorio lombardo. E di questi circa la metà sono in città. Questo significa che si potrebbero ipotizzare delle misure ad hoc per Milano e provincia?
Milano questa volta è interessata in maniera diretta dal COVID, mentre durante la prima ondata era stata solo lambita. Ora, come lei ha detto, metà dei casi sono nel nostro territorio e metà sono in città. Quello che preoccupa di più non è tanto il numero quanto la velocità di crescita. Se prendiamo la popolazione scolastica, che per il momento è poco interessata come numero, e la usiamo come indicatore vediamo che ogni settimana i casi raddoppiano: questa settimana sono circa 200, la settimana scorsa erano meno di 100. Ognuno di questi ragazzi infetti ci comporta dieci volte il numero di contatti da mettere in isolamento e il lavoro di prevenzione sta diventando difficile da contenere. Se la velocità di crescita nella popolazione scolastica è questa, è ragionevole che la stessa cosa avvenga nella popolazione generale. È facile che i 500 casi di oggi nel giro di 7-10 giorni diventino molti di più. È questa la cosa che ci preoccupa.
Avete diffuso i dati relativi ai positivi al COVID-19 a Milano delle ultime settimane e abbiamo visto che ci sono molti bambini, ragazzi e i loro genitori. Si ribadisce che il grosso dei contagi avviene in famiglia, ma si può dire dove lo si prende?
È difficile da dire. Le stime vengono fatte in base all’indice di positività dei tamponi stanno suggerendo una dimensione di contagi presenti dell’ordine quasi del 10% della popolazione. È difficile dire esattamente dove viene contratto il virus. È invece abbastanza chiaro che viene trasmesso soprattutto nelle famiglie. In questo momento siamo già nella fase in cui pensare di limitare la diffusione del contagio con la tracciatura, cioè identificando le persone e mettendole in isolamento, probabilmente non basta più. Dobbiamo già pensare già a delle azioni di riduzione della probabilità di infettarsi riducendo le attività sociali.
Le cose che ha fatto il governo con l’ultimo Dpcm a mio giudizio non sono sufficienti per proteggere una metropoli come Milano. Dobbiamo occuparci di diradare l’uso dei mezzi di trasporto, dobbiamo occuparci di limitare le attività che io chiamo superflue, non perché non siano importanti: un bambino a Milano ha bisogno di fare attività sportiva, ha bisogno di andare a fare palestra, però in questo momento se vogliamo preservare l’attività scolastica fondamentale probabilmente dobbiamo limitare tutte le attività extra scolastiche che sono meno fondamentali in questo momento.
Può farci degli esempi concreti di cosa bisognerebbe limitare?
Tutto ciò che è aggregazione in questo momento costituisce sicuramente una situazione di elevato rischio. Dobbiamo sicuramente limitare cerimonie, feste, manifestazioni, riunioni in precedenza. Dobbiamo anche pensare per i ragazzi più grandi e le università allo strumento della didattica a distanza che, lo capisco, non è equivalente alla didattica in presenza.
Questi sono i suggerimenti che voi, come ATS Milano, rinnoverete alla politica nei prossimi giorni?
Sì, in questo momento ci sono una serie di misure allo studio. L’idea dell’ATS di Milano è di distinguere le attività in base al loro livello di essenzialità e in base al loro livello di rischio. Dobbiamo cercare di proteggere il più possibile le cose sono un po’ rischiose ma essenziali, mentre dovremmo eliminare le cose che sono meno essenziali e ad alto rischio. Le cose poco essenziali e a basso rischio saranno lasciate alla discrezione dei cittadini. Una cosa che so che la vostra radio sta facendo, ed è encomiabile, è proprio sollecitare le persone a identificare quelle cose a cui possono rinunciare per non dover rinunciare all’attività di vita fondamentale. Credo che questa sia una linea di pensiero che dobbiamo estendere a tutta la nostra popolazione.
Come siamo messi col potenziamento della medicina territoriale?
Nel corso dell’estate abbiamo fatto una serie di azioni di potenziamento. Ciò che in questa regione si rivelato essere carente è la presenza di una struttura organizzata entro la quale funziona la medicina territoriale e questa struttura non può essere reinventata in pochi giorni. Noi stiamo monitorando un fenomeno che dal punto di vista della gravità clinica è ancora molto lieve e quindi rispetto a marzo abbiamo alcune settimane di tempo per fare tutte le azioni necessarie senza arrivare a impegnare i servizi ospedalieri di emergenza. I servizi territoriali stanno svolgendo una grande opera. A Milano, in questo momento, i medici di medicina generale se vogliono possono prenotare direttamente i tamponi oppure possono autorizzare l’interessato a prenotarselo autonomamente e tra un pochino sarà attivato un sistema che consente di fare la stessa cosa con i pediatri per la scuola. Queste sono tutte attività che fa la medicina del territorio. Arriveranno i test rapidi e saranno messi a disposizione anche dei medici di medicina generale.
È vero che i medici di base possono rifiutarsi di fare il vaccino antinfluenzale?
Non solo quest’anno. La Regione Lombardia, come molte Regioni, partirà a novembre, come tutti gli anni. Il vaccino ci sarà per tutte le persone ad alto rischio. Abbiamo comprato quasi il doppio di dosi e ci sono le dosi anche per vaccinare i bambini. Le persone che hanno bisogno di essere vaccinate avranno il vaccino e lo avranno in tempo, come tutti gli anni. La Convenzione nazionale prevede l’obbligatorietà dei medici di medicina generale alla adesione alle campagne di vaccinazione. La Regione storicamente non ha mai fatto valere quest’obbligo, lasciando i medici liberi di scegliere. A Milano ci sono circa 400 medici che non aderiscono e che lasciano oltre 200mila soggetti ad alto rischio senza la vaccinazione.
A chi si dovranno rivolgere questi pazienti?
A partire dalla fine di ottobre questa persone, tramite il call center regionale, prenoteranno le vaccinazioni in uno dei centri vaccinali che le nostre ASST hanno organizzato. Il grosso del prodotto vaccinale arriverà intorno al 10 novembre. Questi sono i numeri orientativi. In farmacia di solito comprano il vaccino le persone che sono a minor rischio. Durante una pandemia queste persone aspettano il loro turno: se il vaccino è sufficiente arriveremo anche a loro. È fondamentale in questo momento che si vaccinino quelle persone che se prendono un’influenza possono morire e che quest’anno se prendono l’influenza insieme al COVID possono morire ancora prima.