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COVID-19, Lopalco: “Non ci sono i presupposti per limitare la mobilità tra Regioni”

Covid DPCM Regioni

A poche ore dalla firma del nuovo DPCM che impone nuove limitazioni con l’obiettivo di mettere un freno alla diffusione del contagio da COVID, il professor Pierluigi Lopalco, epidemiologo dell’Università di Pisa e alla guida della task force anti-COVID della Regione Puglia, è intervenuto a Radio Popolare per fare il punto della situazione, spiegare cosa sta succedendo ed escludere, al momento, limiti alla circolazione tra Regioni.

L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.

Che valutazione dà ai contenuti di questo DPCM? Le sembra che queste misure siano proporzionate alla situazione che stiamo vivendo o ci voleva qualcosa in più?

È difficile trovare il giusto equilibrio tra le necessità di bloccare la corsa della diffusione del virus e la necessità di una società di continuare a camminare. Credo che per il momento questo equilibrio si sia trovato. Il messaggio, perchè poi dietro alle leggi c’è un messaggio comunicativo importante, è quello di una limitazione generalizzata di tutto ciò che non è “essenziale”: la limitazione delle attività dei bar, quella delle celebrazioni e delle feste, di tutta quella socialità che, si è visto nelle ultime settimane, era quella che stava innescando la circolazione del virus. Il giudizio generale da parte mia è positivo, ma dobbiamo vedere se questo basterà. Oggettivamente siamo davanti ad un incremento dei casi importante in tutte le regioni italiane.

Leggiamo dai giornali che le Regioni avevano chiesto di ripristinare la didattica a distanza per le ultime due classi delle scuole superiori. C’è un fronte compatto in questa richiesta oppure no?

Questa è sicuramente una richiesta che è venuta fuori. Il problema non è tanto la scuola di per sé, che non sta veicolando in modo particolare il contagio da COVID, ma la difficoltà che le Regioni si trovano ad affrontare nel dover regolare i trasporti con un numero limitato di studenti a bordo.

Limitare le presenze a scuola per limitare le presenze sui mezzi pubblici.

Sì, per limitare l’affollamento sui trasporti. In quel caso riduzioni di orario, scaglionamenti degli ingressi e didattica a distanza potrebbero essere degli strumenti per favorire questo aspetto. Tenete presente che le Regioni sulla scuola non possono intervenire. La scuola è materia statale.

Le Regioni sono disponibili a rivedere la capienza sui trasporti pubblici per limitare il contagio da COVID?

Dipende. Non è un fatto di essere disponibili, è un fatto di risorse. Chi non sarebbe contento di triplicare i trasporti pubblici? È ovvio che tutti sarebbero felici di poterlo fare.

A proposito dei ragazzi. La vita sociale è un po’ considerata la ragione di questo aumento dei contagi. Sono quindi i ragazzi i colpevoli di questo aumento?

I ragazzi vengono additati per primi unicamente perché sono loro che hanno la socialità più intensa, ma non sono solo loro. Cerchiamo di non semplificare. Non c’è un autore, c’è una questione: il fatto che siamo un Paese in cui la socialità è molto importante. Se fossimo in Svezia questo problema probabilmente non si porrebbe. Da noi si pone. Da noi se ad una festa non sono presenti 20 persone non ci si diverte. Il tema della diffusione del virus è il numero di contatti che ogni persona ha nell’arco di una settimana. Se noi riuscissimo a vivere la nostra socialità per un breve periodo di tempo con un gruppo ristretto e fisso di persone riusciremo a rallentare il virus. Se noi frequentiamo sempre quelle 10 persone e non ci sono grossi intrecci tra questi gruppi la riduzione del rischio di trasmissione sarebbe enorme. Purtroppo così non è perché noi siamo fatti così. A noi piace incontrare la gente, stare con la gente, mangiare insieme e bere insieme. Dobbiamo fare dei sacrifici per i prossimi mesi, non stiamo parlando di adattarci per tutta la vita e questo nuovo stile, dobbiamo farlo solo per pochi mesi. Questo concetto del sacrificio magari l’adulto riesce ad interiorizzarlo meglio e un ragazzo non lo interiorizza altrettanto bene.

Questa è la fase in cui spetta a ciascuno di noi mettere in campo degli atteggiamenti prudenti prima che arrivino altri divieti.

Esatto. Io ero un po’ contrario a tutto il dibattito sviluppato negli ultimi giorni incentrato sulle mascherine, come se la mascherina fosse il totem che risolve il problema della circolazione del virus. La mascherina è un filtro importante, ma ancora prima della mascherina bisogna capire che se io incontro meno persone riduco la diffusione del virus. La socialità e la mascherina combinate potrebbero, da sole, rallentare enormemente la circolazione del virus. Se noi riusciamo intelligentemente ad auto-regolarci e a capire che il problema è proprio questo, probabilmente dopo queste prime misure non ne saranno necessarie altre.

Nella riunione di ieri si è parlato anche di possibili chiusure della mobilità tra Regioni per limitare il contagio da COVID?

Per il momento non è all’ordine del giorno. La mobilità tra Regioni ha senso nel momento in cui ci sono dei forti squilibri di circolazione del COVID da una Regione all’altra. Non mi sembra che in questo momento ci siano questi forti squilibri, il virus sta circolando dappertutto.

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    Una compagnia di teatro, Kepler-452, si imbarca su una nave che fa ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, la Sea-Watch 5. Non sanno bene che cosa stanno cercando, sanno soltanto che è molto tempo che sentono parlare di ciò che accade a pochi chilometri dalle coste italiane e forse è arrivato il momento di andare, di persona, a vedere cosa sta succedendo lungo la rotta migratoria più letale al mondo. Nel corso di questa missione soccorrono 156 persone, che verranno sbarcate in un place of safety, un porto sicuro in Italia. Oggi a Cult, ospiti di Ira Rubini: Enrico Baraldi e Nicola Borghesi della compagnia Kepler-452 per “A Place of Safety” che ha appena debuttato all’Arena del Sole di Bologna.

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