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Tratto dal podcast
Prisma di mer 15/04 (terza parte)
Coronavirus | 2020-04-15
In questi giorni in cui anche in Italia si iniziano a vedere i primi effetti positivi dalle misure restrittive per il contenimento e il rallentamento dell’epidemia di coronavirus COVID-19, con la cosiddetta Fase 2 ormai alle porte, si sta molto parlando dei test sierologici per la ricerca degli anticorpi, test che ci permetteranno di capire chi è entrato in contatto col nuovo virus e, quindi, di pianificare al meglio la lunga fase di convivenza con questa pandemia.
La Regione Lombardia ha annunciato il via libera alla fase di test sierologici dal 21 aprile al ritmo di 20mila test al giorno. Abbiamo deciso di fare un po’ di chiarezza e abbiamo parlato dell’argomento col professor Cesare Perotti, direttore del Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del Policlinico San Matteo di Pavia.
L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.
Il Policlinico San Matteo di Pavia, ospedale pubblico, è stato il primo, il più veloce e il più acuto nello sviluppare questo test, ma ci sono delle differenze da chiarire. Abbiamo un test in sierologia che verrà licenziato tra non molto per rilevare la presenza degli anticorpi IgG e IgM e dirci se abbiamo sviluppato una capacità di difesa o meno al COVID-19, se siamo venuti in contatto col virus da poco o da un tempo maggiore. Questo è il test sierologico che il professor Fausto Baldanti sta finendo di mettere a punto.
L’altro è un test di neutralizzazione virale che usiamo soltanto noi al Mondo e ci viene chiesto da molti Paesi che hanno aderito al protocollo del plasma iperimmune. Questo è un test che al momento si fa soltanto da noi e serve a verificare che nel plasma dei soggetti convalescenti che noi raccogliamo ci sia l’anticorpo capace di uccidere il virus.
Dovremo poi trasferire il plasma raccolto a quei pazienti che non ce la stanno facendo a difendersi e quindi sono abbastanza gravi, se non molto gravi, nei reparti di terapia intensiva.
Questo secondo test serve anche a far guarire chi è malato, non solo per vedere chi è immune?
Certo, ha centrato perfettamente il problema. Questo test, ci tengo molto a dirlo, è utilissimo perché serve a capire che cosa abbiamo raccolto, intendo il plasma, e se questo plasma raccolto è di qualità per poter essere utilizzato a favore di quei pazienti che sono gravi e non riescono a difendersi da soli.
Come funziona il primo test, quello che spesso viene definito rapido?
Dobbiamo diffidare dei test che sono in giro attualmente e che vengono definiti “test rapidi” che ci mostrano una strisciolina, come i test di gravidanza, per dirci se siamo positivi o negativi. Sono test non altamente specifici e da prendere molto con le molle. Invito tutti a non spendere soldi in questo momento per questi test in laboratori privati: non sono test ancora affidabili e il rischio è quello di dare false informazioni all’utente e false illusioni.
I test seri saranno quelli in sierologia, non i test rapidi, che verranno licenziati tra poco tempo. Quelli sono i test a cui rivolgersi per capire cosa ci è successo e per capire se possiamo ritornare al lavoro con una certa sicurezza.
Quindi bisognerà andare a fare un prelievo per questi test sierologici?
Direi di sì. Adesso ci sono almeno tre o quattro multinazionali o grosse aziende che stanno sviluppando questa cosa. Una di queste è un’azienda italiana molto seria che si trova a Pavia e che sta ultimando insieme ai nostri virologi tutti i test preliminari per dare sia specificità che sensibilità al test che verrà licenziato. È molto importante avere entrambe le cose.
Cosa dobbiamo aspettarci il 21 aprile per questi test sierologici?
Io spero che questa data fatidica sia davvero il 21 aprile. Io mi occupo della parte terapeutica con il plasma, credo che per questo l’interlocutore migliore sia il professor Baldanti. Non so da dove salti fuori questa data. Sicuramente dobbiamo aspettarci, quando sarà, un test preciso che ci dirà esattamente cosa ci è successo, se siamo venuti in contatto col virus o se abbiamo o meno gli anticorpi. Questo è importantissimo per la ripresa lavorativa e per la sicurezza nella vita quotidiana.
Oggi si può dire per quanto tempo si resta immuni?
È una buona domanda. Ci troviamo davanti a un virus che circola da ancora poco tempo e per questo abbiamo avuto poco tempo di osservazione. Io ho parlato con i colleghi cinesi che sono venuti a Pavia a presentare la loro esperienza. Loro avevano un’esperienza sulla durata della protezione intorno a due mesi e mezzo, perché questo è il tempo che è passato. Lo capiremo nel tempo. Dire che la nostra difesa antivirale se ne andrà e quindi prenderemo ancora la malattia è una stupidaggine. Grazie a questo test capiremo quanto durerà la nostra capacità di difesa e potremo guadagnare tempo per imparare.
Per arrivare ad un vaccino sicuro ci vorrà molto tempo. Io mi auguro che ci si arrivi prima della fine dell’anno, ma io sono un ottimista di natura.