La mattina successiva alla batosta al referendum costituzionale, nei corridoi della Camera dei Deputati, i renziani sospiravano: “è morto il centrosinistra, andremo a votare e faremo le larghe intese con Berlusconi”.
Oggi, un anno dopo, restano le lezioni politiche non comprese, le divisioni a sinistra, le bugie disvelate.
La destra ha continuato l’ascesa che era iniziata grazie all’occasione di tornare protagonista della scena che il referendum le ha dato; il Pd ha continuato la sua discesa; il Movimento 5 Stelle ha consolidato i suoi voti. E le sinistre non ne hanno approfittato.
Renzi non ha imparato nulla. Un anno dopo, continua a usare lo storytelling -una volta si sarebbe detto la propaganda- per affermare che il 40 per cento di Sì alla riforma siano un patrimonio personale, un dato da attribuire a se stesso, la base del proprio consenso elettorale.
Secondo lui, chi ha creduto nel progetto di riforma della Costituzione sarà anche disposto a votare Pd alle prossime elezioni politiche. Fu lui stesso a personalizzare la campagna referendaria, a trasformarla nell’opportunità per la definitiva consacrazione dopo la vittoria alle elezioni europee del 2014. Fu lui a scommettere tutto sul referendum arrivando ad affermare che avrebbe lasciato la politica se fosse andata male. Una promessa mai mantenuta che gli ha fatto perdere definitivamente l’aura di diversità che aveva costruito con la narrazione della rottamazione. Quando comprese l’aria che tirava, tentò la manovra di allontanamento, ma era troppo tardi. Gli italiani lo presero in parola e gli votarono contro.
Una lezione politica che non è stata compresa. Renzi non ha cambiato atteggiamento, non ha cercato di contenere la presunzione di superiorità che lo ha reso odioso a tanti connazionali. E non ha mai voluto comprendere che nel No, un voto che è diventato presto un No al suo Governo, fossero contenuti argomenti politici reali. Nessuna istanza proveniente da sinistra è stata presa in considerazione, nessun passo concreto per scongiurare la scissione del Pd prima e ridurre le distanze con le sinistre poi è stato compiuto. Nel frattempo, lo spread non è schizzato alle stelle, l’Italia non è precipitata in una crisi economica devastante, il Paese non è diventato ingovernabile, come la propaganda del Sì sosteneva.
Del resto, se avesse vinto il Sì, l’Italia non sarebbe stata preda di una deriva autoritaria, non si sarebbe trasformata in una dittatura come la propaganda del No, a sua volta, voleva far credere.
Le sinistre si sono illuse di poter trarre nuovo slancio dal No e dalla sconfitta di Renzi. Addirittura di poter vincere una battaglia per l’egemonia. Invece ne hanno beneficiato soprattutto Berlusconi e la destra. Un’altra lezione politica. Che sarà compresa quando la politica tornerà a mettere al centro delle agende i temi reali su cui costruire il consenso. Cose come il lavoro, i diritti sociali e civili, l’ambiente, la sanità, la scuola, la cultura.