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Tratto dal podcast
Fino alle otto di gio 30/01 (terza parte)
Coronavirus | 2020-01-30
L’epidemia da coronavirus 2019-nCoV continua a crescere in tutto il territorio cinese e col passare delle ore aumentano i casi confermati anche al di fuori della Cina: 14 confermati in Thailandia, 11 in Giappone, 5 in Francia e 4 in Germania, solo per citare i Paesi col maggior numero di infezioni fuori dalla Repubblica Popolare Cinese.
In Italia sono tante le segnalazioni sospette, ma nessun caso è stato confermato. Nonostante questo, però, iniziano ad emergere segnalazioni di comportamenti psicotici legati all’ignoranza e al diffondersi di notizie false.
Ne abbiamo parlato col professor Fabrizio Ernesto Pregliasco, virologo dell’Università Statale di Milano. L’intervista di Alessandro Principe a Fino alle Otto.
Quanto si conosce di questo nuovo virus?
Gli studi virologici confermano che si tratta di una variante di coronavirus conosciuti che si trasmettono ad alcuni mammiferi. I dati sono preoccupanti, non parliamo ancora di dimensioni epocali, ma quello che sta cercando di attuare sono iniziative per evitare quella che potrebbe potenzialmente essere una pandemia, proprio perché tutta la popolazione mondiale è suscettibile. Tutti possiamo ammalarci. La Cina stavolta ha reagito meglio rispetto alla SARS.
I dati che abbiamo non sono ancora completi, ma questo è abbastanza naturale trattandosi di una patologia che nelle forme più lievi, a volte, si confonde con l’influenza.
Se uno ha l’influenza classica con tosse, febbre e mal di gola deve pensare di avere il coronavirus?
In Italia assolutamente no, ma anche negli altri Paesi in cui ad oggi sono stati individuati dei casi. Si tratta di casi legati a soggetti che sono arrivati dalla zona a rischio o, come in Germania, di qualche caso secondario conseguente al contatto col primo malato autoctono.
Diciamo che se non sono stato in Cina e non ho frequentato persone arrivate da Wuhan il rischio è assente.
Esatto. Tra l’altro ci troviamo nella fase di ascesa della curva epidemica influenzale stagionale e quindi dobbiamo far fronte a quella nostrana, che comunque non scherza nei suoi effetti e nei suoi danni sui soggetti fragili.
Quando si dice che il tasso di mortalità di questo virus è nettamente più basso di quello della SARS, è un dato assodato o dobbiamo prenderlo con le pinze?
Si riferisce ai casi accertati di morte, sicuramente stimato grossolanamente ma comunque indicatore di un valore più basso: 3% rispetto a valori ben più alti della SARS, dove si arrivava ad un 30%. Questo è un elemento positivo rispetto all’effetto sulla salute e la sofferenza che ci si può aspettare e che purtroppo si vede nella zona coinvolta.
In questi giorni arrivano segnalazioni di elementi di psicosi, sicuramente immotivati. Qual è il comportamento che una persona ragionevole, pur prudente, deve tenere.
I cittadini devono stare tranquilli. Le istituzioni, in Italia in particolare, a mio avviso si stanno muovendo per gestire e organizzare i trattamenti dei tantissimi casi sospetti, proprio perché c’è una grade confusione con l’influenza.
A quale procedura saranno sottoposti gli italiani che saranno riportati in Italia dalla Cina nei prossimi giorni e nelle prossime ore?
Saranno sottoposti a delle analisi, che possono essere eseguite anche qui in Italia, di conferma di un’eventuale positività e trattamenti differenziati. Sicuramente l’indicazione di un’attenzione nei 15-20 giorni successivi all’arrivo rispetto a potenziali contatti con altre persone.
Verranno tenuti isolati rispetto agli altri?
Sì, ci sarà un periodo di osservazione rispetto al periodo di incubazione.
Cosa sta succedendo negli aeroporti?
Negli aeroporti in cui continuano ad arrivare voli dal territorio cinese sono in atto controlli per quanto riguarda l’evidenziazione di soggetti infetti e una comunicazione a tutti i soggetti in arrivo di contattare il servizio sanitario nazionale in caso di una sintomatologia sospetta. Il servizio sanitario nazionale è organizzato sul territorio con indicazioni operative ai servizi d’emergenza rispetto alla protezione da attuare e una rete di ospedali con reparti di malattie infettive in grado di gestire questi pazienti in vista di un eventuale trasferimento all’ospedale Luigi Sacco di Milano o allo Spallanzani di Roma.
La mascherina serve in Italia?
No, in Italia non ha senso. Può servire per ridurre un po’ l’influenza che abbiamo, ma non è nello stile e nelle abitudini degli italiani.
Foto dalla pagina Facebook di People’s Daily China