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- Tratto dal podcast Coronavirus |
L’emergenza da coronavirus e l’ordinanza che impone anche a Milano la chiusura di teatri, cinema ed altri luoghi di cultura stanno provocando un danno enorme alla città. L’ordinanza è ancora in vigore e ad oggi non è chiaro se sarà estesa o se da lunedì la città inizierà a tornare verso una situazione di normalità.
Il sindaco Beppe Sala ha lanciato un appello alle istituzioni e quell’appello si sono unite anche le varie realtà culturali di Milano. Ne abbiamo parlato con Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano, chiuso come altri teatri fino a nuovi ordini in queste giornate di epidemia di coronavirus. Ecco alcuni estratti dall’intervista di Ira Rubini a Cult.
Quali sono stati gli effetti di questi quattro giorni di ordinanza?
L’altro giorno un tuo collega mi ha chiesto se abbiamo degli spettacoli ispirati alla Cina. Era convinto che avrebbero spaventato i cittadini.
Il danno colpisce profondamente le cose, i patrimoni e le relazioni, ma spesso non ci si chiede come mai si passa dalla razionalità alla paura e poi si scivola nel panico. Io credo che questa sia la situazione più grave. Abbiamo due virus da battere: il coronavirus e il terreno di cultura che da anni pervade e attraversa la gente, quello del consenso costruito sulla paura e che poi scappa di mano, diventa panico e diventa anche paura dell’altro. Credo che questo sia il danno più grosso.
Noi abbiamo rispettato l’ordinanza, ma continuiamo a lavorare. Stiamo preparando il nuovo spettacolo che andrà in scena il 17 marzo, stiamo lavorando alla lunga tournée di “La tragedia del vendicatore” a Londra, Madrid e Parigi e non ti nascondo che il clima trasmesso all’esterno dimostra ci crea un contesto non facile.
Possiamo pure quantificare, questa settimana di stop significa 100mila euro in meno e 6mila spettatori e se dovessi moltiplicarlo per un eventuale prolungamento di questo dispositivo significherebbe la chiusura delle attività. E non vale solo per il Piccolo, tutti i teatri hanno lo stesso problema legato al coronavirus.
Noi ci siamo organizzati autonomamente prendendo delle misure di sicurezza, al di là dei virologi che dicono tutto e il contrario di tutto e sembrano più da X-Factor che dei divulgatori scientifici. Questa è una città fiera di avere un nuovo skyline, ma ce l’ha perché le sue origini arrivano da razionalità e responsabilità. Abbiamo assunto delle forme di tutela e provvedimenti molto banali e concreti come sanificare i luoghi, messo delle postazioni col gel igienizzante.
Condivido molto l’appello del sindaco che chiede di riaprire la città e credo che non basti dire questo. Servono razionalità e responsabilità. Noi siamo a favore della riapertura, ma dopo questi giorni di panico non si può dire “abbiamo scherzato”: chiederemo ufficialmente di avere delle indicazioni precise da chi è proposto alla tutela della salute. Guai se passiamo dal panico indotto all'”abbiamo scherzato”.
Se c’era bisogno di una prova di quanto la cultura non sia solo riferibile soltanto al famoso indotto di taxi e alberghi, ma quanto la cultura sia un elemento di peso sul capitale sociale, l’abbiamo avuta.
Che messaggi vi sono arrivati dal vostro pubblico?
Noi abbiamo presidiato i rimborsi e rinforzato i collegamenti telefonici e online. La solidarietà è arrivata, non soltanto dagli abbonati, ma anche dagli altri cittadini. La solidarietà è arrivata dal non lamentarsi dalla chiusura delle attività e il rispetto dell’ordinanza, ma soprattutto dall’aspettarsi la risposta alla pressante richiesta del sindaco di non passare dall’irrazionalità al “non esiste il problema”. Servono razionalità e responsabilità.
Foto dalla pagina Facebook del Piccolo Teatro di Milano