La giornata internazionale contro la violenza sulle donne si avvicina, e il domino di rivelazioni sulle molestie sessuali endemiche del sistema hollywoodiano non accenna ad arrestarsi: non è solo una questione di genere – come dimostra il caso Kevin Spacey – quanto di abuso di potere, e nel caso della situazione femminile le due cose sono intrinsecamente collegate.
I numeri raccontano lo squilibrio più di mille parole: il 93% dei film americani, nel 2016, è stato diretto da uomini e solo il 17% delle professionalità (sceneggiatura, produzione, montaggio, fotografia) è stato occupato da donne. Ci piace pensare che un’uguaglianza maggiore dietro le macchine da presa restituirebbe un piccolo schermo più vicino alla realtà: e infatti negli ultimi anni, con il moltiplicarsi delle serie tv anche a produzione per così dire “indipendente”, il dibattito sulla condizione femminile è passato anche in tv, soprattutto in questo 2017.
Ben prima dell’esplosione del caso Weinstein, l’autrice Lena Dunham ha dedicato un’intera puntata della sua serie Girls alla messa in scena del complesso e manipolatorio rapporto tra una giovane scrittrice alle prime armi e un grande scrittore ricco e affermato. La comedian Tig Notaro, nel suo show One Mississippi, ha denunciato il comportamento scorretto di Louis C.K., noto a tutti nell’ambiente e recentemente ammesso da C.K. stesso, dopo una documentata inchiesta del New York Times. Una delle serie più deliziosamente femministe dell’anno, I Love Dick (disponibile, come One Mississippi, sul servizio streaming Amazon Prime Video), è una lunga riflessione sulla difficoltà, per un’artista donna, di emanciparsi da un contesto che la vede come oggetto e mai come soggetto creativo. Ma anche serie meno di nicchia, quest’anno, hanno lavorato per portare alla luce aspetti spesso taciuti dell’abuso: per esempio la premiatissima Big Little Lies con Nicole Kidman, che ha raccontato in modo estremamente verosimile le dinamiche della violenza domestica; o la chiacchierata Tredici, dramma per adolescenti che, oltre a parlare di bullismo, ha rappresentato in modo crudo e diretto come il discrimine del consenso spesso non passi da un sì o da un no. Chissà che, al prossimo 25 novembre, non sfoglieremo finalmente statistiche più incoraggianti.