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Telecomunicazioni satellitari: L’Ue rischia di perdere la sfida con gli Usa

telecomunicazioni satellitari

Non occorre arrivare alle Guerre Stellari per capire quanto sia strategico oggi dominare le telecomunicazioni satellitari. Si tratta di un campo in espansione, in cui numerose realtà sovranazionali e private nutrono forti interessi geopolitici ed economici, spesso alla base di grandi rivalità. L’Europa è ancora indietro in questo, soprattutto se confrontata con gli Stati Uniti. Bruxelles ha da anni due strumenti importanti come Galileo e Copernicus, ma non bastano. Non quando sul vecchio continente ha le proprie mire Elon Musk, che con la sua Starlink prova a imporsi sullo scenario mondiale, nascondendosi dietro alla promessa di garantire la connessione web a livello globale. Ma perché il miliardario sudafricano, di base in Texas, guarda con tanta attenzione all’Europa? Lo abbiamo chiesto a Eleonora Poli, Head of Italian Office del Centres for European Policy Network (cep).

“L’Europa rappresenta un mercato ambito, caratterizzato da paesi con un buon stato economico. Tuttavia, la questione con Elon Musk presenta diverse complicazioni. In particolare, la principale controversia tra l’Unione europea e Musk riguarda la privacy e la disinformazione, soprattutto in relazione al social media X, che contrasta con il Digital Services Act dell’Unione europea. Potrebbero esserci anche sanzioni contro X e contro Musk stesso. Inoltre, la sua posizione di sostenitore di Donald Trump, un politico noto per le sue posizioni anti-europee, non gioca a favore della situazione. Musk è percepito come un possibile ‘cavallo di Troia’ per entrare nel mercato europeo.”

Al G7 Tecnologie Digitali di Cernobbio, l’uscente Commissaria europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, ha affermato che le tecnologie statunitensi, di cui Starlink è un esempio, fungono da spinta per l’Unione europea a fare di più e meglio in campo satellitare. Eleonora Poli sottolinea che sono due le difficoltà di Bruxelles: da una parte la lentezza e dall’altra la mancanza di una vera programmazione comune.

“L’Unione europea non è uno Stato sovrano: i processi sono molto più lunghi, perché serve che gli Stati membri siano d’accordo su un singolo obiettivo. Quindi, premesso questo, serve – come diceva anche Draghi – che ci siano investimenti pubblici nell’ambito delle telecomunicazioni satellitari, soprattutto nel digitale e nell’intelligenza artificiale, per essere competitivi. Ci sono dei passi avanti, ma l’Unione europea dovrebbe essere molto più veloce ed efficace nel farlo. Tuttavia, questo non dipende dalle istituzioni di Bruxelles di per sé, ma dai paesi membri che devono trovare un accordo e andare avanti sulla stessa linea, cosa non sempre facile. Questi due programmi di telecomunicazioni satellitari esistono già da anni e funzionano, ma non sono così innovativi come quelli statunitensi; di conseguenza, l’Unione europea si appoggia ancora su tecnologia statunitense, perché è la più avanzata. Dobbiamo essere in grado di produrla noi, la tecnologia più avanzata, anche se ovviamente non succede dall’oggi al domani: serve avere fondi per fare ricerca. Va detto anche che, diversamente da altri paesi, abbiamo un set di regolamentazioni che spesso vengono criticate, ma che garantiscono la sicurezza dei dati e delle libertà dei cittadini. E questo è alla base per uno sviluppo sostenibile nel lungo termine.”

Nella partita geopolitica ed economica che Europa e Stati Uniti stanno giocando, il nostro continente è decisamente in svantaggio e, sul breve periodo, è destinato a uscire sconfitto. I singoli paesi dovranno sforzarsi di trovare una linea comune se non vogliono diventare marginali sullo scacchiere mondiale, come ribadisce Eleonora Poli.

“Per sopravvivere come potenza globale, l’Unione europea ha bisogno che la qualità delle sue democrazie sia anche competitiva dal punto di vista economico e dell’innovazione. Al momento non lo è.

Viviana Astazi
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    Non solo droni, bombe e carri armati. Non solo piani von der Leyen. Ieri a Bruxelles, in una commissione del parlamento europeo, si è tenuto un simposio sulle politiche fiscali. Discussa una proposta per l’equità: basterebbe tassare con un aliquota del 3% i ricchi oltre i 100 milioni per ottenere un gettito di 120 miliardi di euro. Un’operazione di equità fiscale che potrebbe finanziare la spesa sociale. Ospite l'economista ed eurodeputato del M5S Pasquale Trìdico, che ha seguito il simposio di Bruxelles. Di politiche sociali, in questo caso del governo Meloni, ha parlato a Pubblica la sociologa del lavoro Giustina Orientale Caputo. Secondo l'Istat, il governo Meloni con i suoi provvedimenti ha contribuito a far aumentare le disuguaglianze in Italia. A partire dalla cancellazione del reddito di cittadinanza. In alcuni casi, come il taglio dell'Irpef e gli sconti sui contributi, le politiche del governo hanno addirittura favorito i più ricchi.

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