Alessandro Porro, operatore umanitario di SOS MEDITERRANEE, si trova a bordo della nave Aquarius che in queste ore sta trasportando 58 persone a bordo, salvate da morte certa nel Mar Mediterraneo.
La nave Aquarius è l’ultima nave di una ONG rimasta a fare soccorsi nel Mediterraneo, ma nelle prossime ore potrebbe esser costretta a uno stop dopo la revoca della bandiera da parte di Panama, proprio come accaduto con la bandiera di Gibilterra. L’intervista di Alessandro Principe.
Sono sull’Aquarius e sono uno dei soccorritori che fisicamente scende in acqua con i gommoni per pescare i migranti. In questo momento stiamo più o meno a nord di Tripoli, in acque internazionali. Questa notte siamo ritornati indietro verso la Libia perché eravamo stati chiamati per un possibile intervento che poi si è concluso prima del nostro arrivo.
Sapete come si è concluso l’intervento di stanotte?
La situazione della notte è stata abbastanza confusa. Ieri mattina abbiamo fatto un soccorso in presenza anche della Guardia Costiera della Libia. Finito il soccorso abbiamo ricevuto l’ordine di andarcene dalla zona di ricerca e soccorso, un ordine piuttosto perentorio, per cui ci siamo diretti a nord. Nel pomeriggio abbiamo ricevuto informazioni da Colibrì, che è l’aereo di un’associazione di piloti volontari che fa pattugliamenti nella zona del Mediterraneo. Dall’alto hanno visto che c’erano due due gommoni in mare: uno poi è stato intercettato dalla Guardia Costiera libica e uno che non è stato intercettato o soccorso. Verso le 18:00, circa un paio di ore dopo, riceviamo una comunicazione dell’MRCC di Roma che ci dice che per questa barca non ancora intercettata è la Libia ad avere la coordinazione soccorso, però ci invitano a tornare indietro – a circa 10 ore di navigazione dalla nostra posizione – per intervenire. Nel corso della notte sentiamo sul canale dell’emergenza radio che un aereo italiano ha visto questa imbarcazione e ha visto che stava prendendo acqua e stava affondando. C’erano già dei corpi in acqua. L’aereo ha lanciato delle zattere di soccorso che noi questa mattina, quando siamo finalmente arrivati nella zona di soccorso, abbiamo trovato. Verso le 4:00 del mattino siamo ritornati sulla scena, alle coordinate che ci erano state date, e abbiamo ricevuto informazioni dall’MRCC italiano che la Guardia Costiera Libica aveva terminato il soccorso. Un altro caso di cattivo coordinamento della realtà in mare, perché siamo stati prima invitati e lasciarla zona del soccorso e poi richiamati indietro senza ricevere informazioni su quello che stava succedendo. Sono situazioni particolari.
In che punto è avvenuto il fatto della seconda barca che ci ha appena raccontato?
Siamo grossomodo nella zona nord di Tripoli.
Ci può raccontare quali sono le difficoltà più importanti di quei momenti?
In questo momento una delle difficoltà più grosse che abbiamo è quella di riuscire a ottenere delle informazioni dalle autorità competenti su quelli che sono i soccorsi in atto. Non ricevendo, con l’eccezione della comunicazione che abbiamo ricevuto ieri dall’MRCC di Roma, indicazioni soccorsi noi stiamo parlando circa mezzo milione di chilometri quadrati utilizzando dei binocoli. E questo, credetemi, è un problema grosso di ottimizzazione della ricerca. In generale, quando poi siamo in acqua, ci troviamo il più delle volte a gestire imbarcazioni che non possono affrontare il mare aperto e sono quasi sempre imbarcazioni sovraffollate con una linea di galleggiamento molto bassa. Alcune volte sono danneggiate perché sono in mare da molto tempo, quindi riusciamo a raggiungerle magari dopo un giorno o due che sono in mare e ci troviamo con grossi numeri di persone che sono stanchi o nel panico. Il nostro lavoro, se non ci sono emergenze immediate, è quello di tranquillizzare e riportare una condizione di ordine e di tranquillità che ci permetta di fare il trasferimento sull’Aquarius in maniera sicura. Le difficoltà in mare sono le onde, il vento, il sovraffollamento, la stanchezza e il panico: tutte situazioni che possono portare facilmente alla morte di più persone e purtroppo ci è capitato in questi anni di subire parecchie di queste circostanze.
In queste ultime ore si sta parlando del possibile ritiro della bandiera da parte di Panama, nel quadro di quello che conosciamo.
Sono delle situazioni francamente demoralizzanti e non riesco a capire come l’Europa permetta una simile situazione. In questo momento c’è l’informazione ricevuta dalle autorità marittime panamensi che ci indicano di aver ricevuto delle pressioni italiane affinché la nostra bandiera venga rimossa. Questo non ci permetterebbe di navigare. Al momento siamo l’unica nave di ONG che sta pattugliando un’area vasta di Mediterraneo, che è una rotta estremamente mortale. Nel momento in cui noi fossimo costretti a fermarci per un periodo più o meno lungo, condanneremmo delle persone a morte. In questo momento non abbiamo 58 persone a bordo, di cui 16 sono minori o bambini. Sono persone che probabilmente non avrebbero avuto piacere di sradicarsi dalla loro vita per cercare di arrivare in Europa e noi stiamo condannando queste persone alla morte. Io non riesco a capire come si possa fare politica sulla pelle delle persone. Ho veramente difficoltà a capire questo concetto.
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