Si sono scontrati praticamente su tutto – armi, sanità, Wall Street – con un tono e un’urgenza che la prossima partenza della stagione delle primarie rende ancora più vivace. I tre candidati democratici alla presidenza, Hillary Clinton, Bernie Sanders, Martin O’Malley, si sono trovati a Charleston, South Carolina, per quello che sarà con ogni probabilità l’ultimo dibattito televisivo prima dei caucuses in Iowa, il 1 febbraio. Lo scontro non ha avuto gli eccessi e i paradossi dei dibattiti repubblicani, ma ha comunque azzerato fair play e sorrisi del passato.
Il team della Clinton è d’altra parte preoccupato. Gli ultimi sondaggi mostrano la candidata in sostanziale pareggio con Sanders in Iowa; il senatore del Vermont sarebbe in vantaggio di qualche punto in New Hampshire, il secondo Stato dove si voterà, il 9 febbraio. Anche se la gara continua a restare su base nazionale favorevole alla Clinton, soprattutto negli Stati del Sud e del Centro, Sanders ha negli ultimi mesi recuperato buona parte della distanza che lo divideva dalla Clinton. La sua retorica populistica, l’appello ai temi più tradizionali della sinistra americana, hanno avuto facile accoglienza nell’elettorato delle primarie, tradizionalmente orientato in senso progressista.
Anche a Charleston si è rivisto il copione più volte recitato in questi mesi. La “pragmatica Clinton”, che vuole rafforzare e incrementare le politiche introdotte negli otto anni do governo di Barack Obama; e all’“idealista Sanders”, che punta a una decisa svolta nel sistema politico: “Non succederà nulla di reale, a meno che l’America non conosca una vera rivoluzione politica”, ha spiegato Sanders. E se più di una volta, nel corso del dibattito, la Clinton ha citato il nome di Obama come esempio da seguire – discostandosene solo in un’occasione, quando ha chiesto una strategia più interventista nei confronti dello Stato Islamico – Sanders non ha nascosto di voler rendere più radicale l’agenda sin qui seguita.
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Il momento più interessante della serata è venuto quando Sanders ha presentato il suo progetto di riforma sanitaria: un piano per garantire l’assistenza a tutti gli americani, del costo di 1,38 trilioni di dollari, da trovare attraverso contributi delle imprese, aumenti delle imposte e razionalizzazione della spesa corrente. Se il team della Clinton, su Twitter, ha immediatamente rilanciato l’idea dei rivali di “nuove tasse per la classe media”, la Clinton stessa ha replicato che “il partito democratico sin dai tempi di Harry Truman ha lavorato per far passare l’Affordable Care Act”, la riforma di Obama. “Abbiamo fatto tanto, non voglio riprendere un dibattito contrastato e permettere ai repubblicani di distruggere il nostro lavoro”. Al che Sanders ha replicato: “Non si tratta di distruggere. Si tratta di andare avanti”.
Gli altri due temi che hanno infiammato la discussione sono stati le armi e Wall Street. Sulle armi è stato Sanders a trovarsi sulla difensiva. Il dibattito di Charleston, va ricordato, si è tenuto a un solo isolato dalla Emanuel African Methodist Episcopal Church dove lo scorso giugno nove persone sono state uccise mentre studiavano la Bibbia. La Clinton ha attaccato Sanders sul suo passato, accusando di aver fatto gli interessi della lobby della National Rifle Association. La candidata ha ricordato soprattutto l’appoggio dato da Sanders alla legge che permette di entrare in possesso di un’arma se, entro tre giorni, non sono stati completati i background checks, i controlli preventivi. Sanders ha replicato ricordando di avere un “D-minus”, un indice di gradimento molto basso da parte della NRA.
Sui rapporti con Wall Street e con la grande finanza è stata invece la Clinton a doversi difendere. Di fronte agli attacchi di Sanders, che l’ha accusata di aver ricevuto sino a 600 mila dollari da Goldman Sachs, come retribuzione per incontri e conferenze, la Clinton ha reagito difendendo il Dodd-Frank bill, la legge per regolare Wall Street passata durante il primo mandato di Obama, e proclamando di essere la candidata “più temuta dai banchieri”. L’affermazione della Clinton ha dato modo a Martin O’Malley, il terzo protagonista della gara democratica, di uscirsene con la battuta più caustica della serata: “Andiamo, sai che non è vero”.