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Un viaggio in due mondi pieni di blues

Il cielo azzurro dell’Alabama ci accompagna lungo la highway 20. Da Birmingham, la città più grande di questo stato del profondo Sud americano, viaggiamo verso ovest. Passata Tuscaloosa, il traffico si dirada e pick-up di tutte le misure e annate diventano i protagonisti della strada.

Lasciamo la highway e un cartello ci dà il benvenuto nella Black Belt, una delle terre più fertili d’America, dove un tempo ogni piantagione era coltivata a cotone. Ora gli allevamenti di cat fish, il pesce gatto, sono a ogni angolo.

Attraversiamo case di legno abbandonate, negozi di campagna da tempo chiusi, e rifornitori di benzina con pompe vintage che ancora funzionano. Lungo la strada sono tanti i cartelli che annunciano l’arrivo e l’esistenza di Gesù Cristo e intimano ad andare in chiesa per non finire nelle mani del diavolo. Perdo il conto delle chiese che incontriamo. Ce n’è per tutti i gusti: chiese battiste, presbiteriane, metodiste, ecc. La Black Belt fa parte della cosiddetta Bible Belt, una delle zone più religiose d’America.

Percorriamo una strada diritta che taglia fattorie e boschi di querce e pini. Il verde intenso domina il paesaggio. La nostra destinazione è Union: una manciata di case di legno e campi a non finire. Il paesino conta poco più di 200 anime e si trova a 40 miglia circa da un altro più piccolo: Old Memphis, dove viveva una delle leggende del blues: Willie King, morto nel 2009.

Willie King chiamava la sua musica “struggling blues”, il blues di lotta, perché teneva a cuore le ingiustizie sociali di questa terra fertile, ma povera e del popolo afroamericano. Il suo popolo.

"Jock Webb ripara il trattore di Clarence Davis, foto Roger Stephenson."
“Jock Webb ripara il trattore di Clarence Davis, foto Roger Stephenson.”

Tutto in questa parte d’America gronda di blues: le enormi case di legno dipinto con le ampie verande sul davanti che riportano alla memoria i tempi delle piantagioni; i muri scrostati degli edifici abbandonati dai quali si intravedono le vecchie pubblicità della coca-cola; gli immensi campi coltivati; i signori e le signore afroamericane seduti nelle sedie a dondolo davanti alle modeste case di legno.

Il blues, nato nelle piantagioni di cotone del Sud, da secoli è lo strumento che aiuta i neri americani a trovare conforto in un paese dove sono stati schiavi, segregati e ora le vittime principali della violenza della polizia.

Birmingham è a solo un’ora e mezza di macchina, ma mi sembra d’aver viaggiato a ritroso nel tempo.

In una modesta casa verniciata di bianco circondata da ettari di campi coltivati, vive Clarence “Bluesman” Davis, 71 anni, di professione contadino e bluesman. Ad accompagnarmi c’è Jock Webb, 53 anni, meccanico d’auto e suonatore d’armonica di Birmingham. Jock e Clarence si sono conosciuti più di 20 anni fa, grazie al loro amico Willie King e da 8 anni suonano assieme.

Clarence Davis ci accoglie con un abbraccio e tanti sorrisi e abbiamo il privilegio di scambiare quattro chiacchiere con lui.

Un documentario su Willie King,  The real baptizing.

 

  • Autore articolo
    Francesca Mereu
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