
Nell’immaginario collettivo, l’Italia resta il Paese delle mazzette. Lo dicono tutti gli indici di percezione su cui si costruisce il rapporto di Transparency International, un indice che rappresenta la percezione della corruzione nel mondo. L’Italia è stabile al sessantunesimo posto, al pari di Senegal (indicato nel rapporto come uno dei Paesi in via di miglioramento), Sudafrica e Montenegro. Nell’Unione Europea fa peggio solo la Bulgaria.
“La percezione è importante perché rappresenta il sentiment (la reputazione). È uno strumento che misura anche la disponibilità ad investire e l’immagine all’estero del Paese”, commenta il presidente di Transparency International Italia Virginio Carnevali.
La posizione dell’Italia e la notorietà della sua frequentazione con il mondo dei tangentari ha un lato positivo. Carnevali sottolinea che ci sono Paesi ben più appestati dalla corruzione che in classifica appaiono più puliti solo perché magistratura e polizia non sono in grado di combatterla. Le mazzette, quindi, restano impunite.
L’indice della corruzione di Transparency è costruito su 12 fonti differenti, di fonti preferenziali. Misura in particolar ela percezione di opinion maker, uomini d’affari, think thank. Non quella dei cittadini. La base dei dati è costruita, ad esempio, dal World Economic Forum Executive Opinion Survey del 2015, dall’Economist Intelligence Unit Country Risk Ratings 2015 e dall’Eurobarometro. “Misurare la corruzione reale è impossibile”, aggiunge Carnevali.
Nell’area di Europa e Asia Centrale, si conferma al primo posto nella lotta alla corruzione la Danimarca, che ottiene un indice di 91 su cento. Il dato più basso, invece, è il Turkmenistan, con 18.
Sul piano globale, la maglia nera è per Somalia e Corea del Nord, entrambi con indice 8. Una situazione che ovviamente è legata anche alla difficoltà di reperire informazioni che vadano oltre quelle di regime. Se Grecia, Senegal e Gran Bretagna sono segnalate come realtà in miglioramento, Australia, Brasile, Spagna e Turchia stanno invece facendo un passo indietro sul piano della lotta alla corruzione. In Europa preoccupa anche il clima che si respira in Montenegro, Macedonia e Ungheria. Tutti Paesi che erano stati inclusi tra quelli in via di miglioramento da Transparency International.
L’indice conferma l’esistenza di due Europe, quella del Nord, dove la corruzione è semi sconosciuta, e quella del Sud, dove è un cancro diffuso. Il 2015 passerà comunque alla storia per quattro grandi storie di corruzione che hanno coinvolto l’area scandinava. In Danimarca 13 impiegati del pubblico impiego sono stati arrestati per corruzione; a Bergen, la seconda città della Norvegia, il sindaco è sotto accusa per tangenti; l’azienda di telecomunicazioni svedese TeliaSonera, controllata dallo Stato e con una quota di minoranza di proprietà della Finlandia, è finita al centro di una mega inchiesta su un giro di mazzette in Uzbekistan per conquistarsi anche quella fetta di mercato; ad Helsinki la polizia antidroga è accusata di avere un proprio cartello di trafficanti. Casi clamorosi, ma che sono stati intercettatati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine locali.
Se sul fronte del contrasto l’Italia è un Paese guida, è su quello delle leggi che è ancora indietro. Lo ricorda anche Virginio Carnevali: Transparency sta portando avanti una battaglia per portare in Parlamento una legge sulle lobby. Dove gli interessi in gioco non sono trasparenti, infatti, si nasconde più facilmente la corruzione. Per fortuna è stata introdotta l’Autorità nazionale anticorruzione, considerata una conquista positiva dal presidente Carnevali.
Ascolta l’intervista a Virgino Carnevali a cura di Alessandro Principe