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Chi pagherà lo stop ai motori a combustione?

I consumatori, più pronti della politica e delle aziende, la transizione l’hanno già iniziata visto che l’auto più venduta in Europa al momento è elettrica ed è la più piccola delle Tesla. Una ulteriore dimostrazione di come il mercato più che da domanda e offerta sia determinato dalla legge del padrone che continua a produrre ciò che i consumatori non sembrano più volere. Le immatricolazioni automobilistiche continuano a precipitare in tutta Europa, in Italia -24% solo in novembre, eppure le aziende tardano.
Si sviluppano motori elettrici dalla fine degli anni ’90 – vi ricordate l’Alfa di Arese? – ma la transizione ancora non c’è stata e dopo tanto tergiversare alla fine arriva per legge. La Commissione europea chiede la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e i Paesi mettono fuori legge i motori a scoppio. Così la Volvo produrrà solo elettrico dal 2030, Ford, General Motors, Mercedes e Land Rover dal 2040, la VoksWagen annuncia investimenti per 89 miliardi. Mentre da noi, per un settore che vale un quarto del Pil, l’allarme è quello sulla perdita dei posti di lavoro e lo lancia il ministro dello sviluppo Giancarlo Giorgetti: “La scelta di andare verso l’auto elettrica ha una sicuramente conseguenza, già stimata e precisata: oltre la metà della manodopera che attualmente lavora nella filiera dell’automotive, nel motore a combustione, non lavorerà più in quel settore”. Ricordiamo che i lavoratori del settore sono 165mila in Italia, soprattutto in medie e piccole imprese dell’indotto. Il ministro, in realtà, ripete stime che ovviamente provengono dagli industriali che dicono che 8 anni di transizione sono pochi e ingiusti perché si decarbonizza l’auto, ma non l’energia, e ce ne vorrà tanta. Gli imprenditori chiedono più tempo, ripensamenti e sussidi. Non sanno dire però di quanti lavoratori avranno bisogno per produrre motori elettrici. Sono indietro anche su questo. Intanto d’accordo col governo hanno già identificato chi pagherà la transizione … il solito Cipputi.

Foto | Una delle fabbriche della Hyundai Mobis, a Yancheng, in Cina

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    L'abbandono della sanità pubblica. Accade anche in Francia e lo denunciano 19 tra medici e familiari delle vittime di suicidi negli ospedali pubblici. In un esposto alla magistratura, presentato il 10 aprile scorso, medici e familiari accusano i ministri francesi del lavoro, dell'istruzione e dell’accesso alle cure, di "molestie morali" e "omicidio volontario". L'obiettivo dei ricorrenti è quello, dicono, è quello di “rompere l'omertà” di fronte a una “epidemia di suicidi negli ospedali pubblici”. Cifre ufficiali, comunque, non ne circolano. La denuncia è stata fatta da infermieri, direttori di ospedali, professori universitari e medici ospedalieri e vedove di operatori sanitari, che non si conoscono tra loro e si sono uniti per contestare i ministri. I tre membri del governo francese denunciati sono: Catherine Vautrin (ministra del lavoro e della solidarietà), Yannick Neuder (salute e accesso alle cure) ed Elisabeth Borne (educazione, istruzione e ricerca). Pubblica ha ospitato Jean Olivier Mallet, sociologo, ha insegnato storia e sociologia all’università di Tolosa. Mallet ha collaborato con il Centro studi dell'Istituto farmacologico Mario Negri di Milano. E la situazione in Italia, ci sono stati casi analoghi a quello francese? A Pubblica, Simona Ravizza, giornalista d’inchiesta al Corriere della Sera.

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