Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Venerdì 29 maggio 2020

Fase 2 Protezione Civile

Il racconto della giornata di venerdì 29 maggio 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi all’ormai imminente decisione sulla ripresa degli spostamenti tra le Regioni, mentre sembrano sempre più chiare le modalità con cui si tornerà a scuola a settembre. Attilio Fontana davanti ai pm di Bergamo sostiene che fosse “compito del governo fare la zona rossa a Nembro e Alzano“. Negli Stati Uniti, intanto, ci accentua lo scontro tra Donald Trump e Twitter. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

(di Sara Milanese)

87 morti e 516 nuovi positivi: questi i dati delle ultime 24 ore sulla pandemia di coronavirus in Italia; continua lentamente a calare la pressione sulle terapie intensive, meno 14, e resta alto il numero di guariti, 2240.
La Lombardia resta la Regione osservata speciale, soprattutto in vista della possibile riapertura dei confini. Qui si registra quasi il 70% dei nuovi casi, 352; e poco meno della metà dei decessi, 38.
Sono invece 6 le Regioni che non registrano nessun nuovo caso e 7 quelle in cui non ci sono stati nuovi decessi .
Che la situazione a livello nazionale sia molto eterogenea lo riconoscono anche Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità, che oggi hanno presentato i risultati del monitoraggio sui 21 indicatori regionali, tra cui l’indice di contagiosità e quello di trasmissibilità del virus, l’RT, che risulta al di sotto di 1 e come trend in diminuzione. Ministero e ISS mettono però in guardia: con i confini regionali aperti, serviranno cautela e molto monitoraggio.

Due opzioni per la ripresa degli spostamenti tra Regioni

(di Lorenza Ghidini)

Il confronto tra Governo e Regioni, già in programma per le prossime ore, c’è da giurare non sarà dei più distesi. Sono due, per il momento, le opzioni tra cui il Governo dovrà decidere, in base ai dati ma sicuramente anche sotto la pressione delle regioni del Nord che vogliono far ripartire il turismo. Il Presidente ligure Toti ha detto addirittura: “Se non riapriamo Lombardia, Piemonte e Liguria non stiamo parlando di niente”.
Si riapre tutti insieme, se i dati vanno bene, mercoledì 3 giugno, come previsto dal Decreto di Conte sulla fase due. Oppure si aspetta tutti quanti e si riapre dopo altri 5/7 giorni. Niente differenze tra Regioni.
Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro ha ripetuto che non sarà solo il famigerato indice Rt a determinare la decisone, sono ben 21 i parametri a cui il comitato tecnico scientifico bada. Il gruppo degli scienziati consulenti del Governo si riunirà per prendere in esame i dati settimanali che stanno convergendo in queste ore al Ministero da tutte le Regioni.
Il ministro della salute Speranza, solitamente il più prudente, ha già definito gli ultimi dati “incoraggianti”. E poche ore prima il suo vice, Sileri, aveva detto che quelli delle scorse due settimane erano ottimi, e non avendo visto significativi cambiamenti negli ultimi giorni, non aveva motivi di pessimismo.
Molto però si giocherà nel confronto della politica, e cioè quello tra Governo e Regioni. Divise, molto divise tra loro, fra un Nord che scalpita e un Sud impaurito dalla prospettiva di importare il virus. C’è perfino l’ipotesi di far fare una quarantena breve (4-5 giorni) ai turisti che vanno dalle Regioni ancora coinvolte in quelle a più basso contagio.
A tutto questo si aggiunge anche il rebus dei turisti stranieri. Quelli provenienti dai Paesi Schengen potranno entrare in Italia proprio dal 3 giugno, e senza alcuna restrizione negli spostamenti. Come tenere assieme la libertà totale per gli stranieri e il rinnovo del blocco per gli italiani?

La scuola riparte a settembre

(di Anna Bredice)

A settembre gli studenti potranno tornare a scuola e dai 6 anni in poi, quindi dalle elementari, in classe dovranno indossare la mascherina. Lo dice il rapporto del Comitato tecnico scientifico che è stato consegnato ieri sera alla Ministra dell’Istruzione. Sono 7 milioni e mezzo gli studenti interessati, 1.100.000 solo in Lombardia, la Regione che ne ha di più. Ci sono delle indicazioni precise di cui il governo dovrà tener conto per evitare i contagi tra i ragazzi che finora hanno contato nella fascia tra 0 e 18 anni, 4.000 casi quasi tutti con carattere asintomatico o lieve, il 7% ha avuto bisogno di un ricovero in ospedale.
Oltre alla mascherina dai 6 anni in su sarà necessaria una distanza di un metro sia in classe che nei corridoi, nelle palestre, ma il comitato consiglia la ginnastica all’aperto, dovrà essere di due metri e sarebbero da evitare sport di squadra. Per quanto riguarda la didattica, a seconda del numero degli studenti, dalle medie alle superiori, potrà essere considerata anche quella a distanza, da casa quindi. Gli ingressi potranno essere diversificati per evitare assembramenti, nelle superiori potranno entrare al di fuori dell’orario di punta, fino alle dieci. Non verrà misurata la febbre all’ingresso, ma chi ha una temperatura al di sopra dei 37,5 dovrà stare a casa fino a tre giorni dopo la febbre.
Bisognerà lavarsi le mani all’ingresso e i genitori non dovranno entrare se non per esigenze eccezionali. La mascherina sarà obbligatoria, salvo che durante i pasti e le interrogazioni. Anche le mense dovranno riaprire tenendo le distanze tra i tavoli e privilegiando un pranzo confezionato, per gli insegnanti di sostegno che non potranno mantenere la distanza con l’alunno si dovrà pensare a protezioni specifiche. Sarà necessaria una pulizia giornaliera delle scuole e le finestre dovranno rimanere sempre aperte, se possibile la ricreazione sarà da farsi fuori, nei cortili. Queste sono le linee guida per superare la chiusura delle scuole che nel mondo ha coinvolto un miliardo e mezzo di studenti. Una riapertura che per il comitato è necessaria, soprattutto per ricoinvolgere almeno un milione di studenti, che nella fascia di maggiore disagio economico e sociale sono rimasti esclusi dalla didattica a distanza.

Zona rossa a Bergamo, per Fontana e Gallera spettava al governo

(di Michele Migone)

Attilio Fontana aspettava la decisione del Governo. Giulio Gallera, con sconcertante candore, ha detto di non essere stato a conoscenza delle norme che gli avrebbero permesso di agire. I vertici della Regione Lombardia scrivono così quella storia. Dicono che è tutta colpa di Roma se il 5 marzo scorso non è sorta la Zona Rossa nella bergamasca. Polizia, carabinieri ed esercito erano lì, ma l’ordine non è mai arrivato. Poi, non se ne è fatto più nulla perché, dicono, dall’8 marzo tutta la Lombardia entra in lockdown e poi dal 10 marzo l’Italia intera. Regge la loro versione? Poco. Perché tra lockdown e Zona Rossa ci sono delle sostanziali differenze. Nel secondo caso viene istituito un quasi impenetrabile cordone sanitario attorno all’area in questione. Codogno è stata Zona Rossa, Milano è stata in lockdown. Se è vero che fino al 5 marzo il governo Conte ha tergiversato sulla Zona Rossa di Alzano è anche vero che dopo, diciamo dal 10 marzo in avanti, la Giunta lombarda avrebbe potuto agire in modo autonomo. Altre Regioni lo hanno fatto. Il 14 marzo, il governatore dell’Emilia-Romagna Bonaccini, sulla base del DPCM del 23 febbraio ha isolato Medicina, vicino a Bologna. Sarà la prima delle 70 zone rosse in quella Regione. Qualche giorno dopo in Campania è la volta del comune di Lauro, Avellino. Poi seguiranno altri casi. Alla fine, in tutta Italia saranno più di 100. Ma nessuna in Lombardia. Sappiamo ormai delle pressioni dei settori imprenditoriali per non chiudere la Val Seriana. Queste sirene hanno risuonato a Milano come a Roma. Conte non interviene a inizio marzo. Fontana non lo farà mai. Eppure avrebbe potuto farlo solo pochi giorni dopo il silenzio di Roma. Su questo, il Governatore leghista non può certo scaricare le sue responsabilità su altri.

Twitter vs. Donald Trump

(di Luisa Nannipieri)

Questo tweet viola le regole di Twitter sull’esaltazione della violenza”. L’avvertimento potrebbe essere uno dei tanti emessi ogni giorno dal social network americano, se non fosse apparso sul profilo di Donald Trump. Il presidente aveva appena twittato delle considerazioni sulla situazione a Minneapolis e aveva scritto: “quando parte il saccheggio, si inizia a sparare”. La piattaforma ha deciso di oscurare parzialmente il tweet: si può ancora leggere cliccando sull’avvertimento, ma non si può né mettere un like, né commentarlo.
L’inedita mossa di Twitter arriva alla fine di una settimana di scontro feroce con il presidente. Il braccio di ferro è iniziato quando, martedì, Trump ha pubblicato due tweet in cui sosteneva che il voto per corrispondenza in California avrebbe portato a brogli elettorali. La piattaforma ha allora, per la prima volta da quando Trump è stato eletto, segnalato agli utenti i due cinguettii come ingannevoli. Sotto ai tweet è apparso un avviso: “Verificare i fatti” e un link ad articoli che spiegano come le dichiarazioni del presidente siano prive di fondamento.
Per tutta risposta, il presidente ha accusato Twitter di voler soffocare la libertà di espressione, di censurare i conservatori e di stare interferendo nella campagna per le elezioni presidenziali del 2020.
Trump ha poi minacciato di chiudere i social o di regolamentarli molto rigidamente e alle parole è seguita giovedì la firma di un ordine esecutivo che ne riduce l’immunità legale. Trump ha anche promesso di stare preparando una legislazione ad hoc per poter modificare definitivamente la sezione 230 di una legge del 96. Quella che obbliga le piattaforme ad eliminare i contenuti illegali pubblicati dagli utenti, senza però doversene assumere la responsabilità penale. Per Twitter, Instagram o Facebook, una modifica in questo senso sarebbe un bel problema perché li obbligherebbe a controllare rigidamente ogni pubblicazione per evitare di finire davanti a un giudice.
In realtà l’ordine di Trump verrà probabilmente contestato in tribunale e il suo progetto ha poche possibilità di essere approvato dal Congresso. La sua mossa sembra essere soprattutto un deterrente. Che però non ha funzionato come sperato. L’ad di Twitter, Jack Dorsey, ieri ha ribadito che l’azienda aveva fatto bene a intervenire sui tweet ingannevoli del presidente. La piattaforma, ha scritto Dorsey, sta semplicemente seguendo la sua policy di integrità civica, che prevede tra l’altro di non pubblicare pubblicità politiche e che l’aveva già spinta a cancellare due tweet del presidente brasiliano Bolsonaro a inizio marzo.
Con la censura di oggi, che ha coinvolto anche un retweet della Casa Bianca, Twitter ha appena alzato il livello dello scontro.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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