Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Martedì 2 giugno 2020

Il racconto della giornata di martedì 2 giugno 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi alla visita di Sergio Mattarella a Codogno. La destra è scesa in piazza a Roma e Milano. Il presidente sardo Solinas ammorbidisce i toni sugli arrivi dei turisti. Negli USA Apple prende posizione anti Trump. L’epidemia colpisce ancora duramente in molti Paesi del mondo. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Secondo i dati ufficiali della protezione civile oggi in Italia ci sono stati 55 morti per Covid-19 e 318 nuovi positivi. Il totale degli attualmente positivi scende di quasi 2mila persone e sotto la soglia dei 40mila. Le terapie intensive si svuotano ancora di 16 persone e il totale dei ricoveri cala ancora di 183 persone. I guariti sono 4 volte di più gli attualmente positivi, e superano le 160mila unità. In nove aree del Paese non ci sono nuovi positivi: Puglia, Umbria, Valle D’Aosta, Sardegna, Calabria, Molise, Basilicata e le province di Trento e Bolzano.

Mattarella a Codogno: “Qui si ritrova la Repubblica”

(di Claudio Jampaglia)

Qui si ritrova la Repubblica”. Per il 2 giugno il Presidente Mattarella ha scelto Codogno, la cittadina della bassa lodigiana simbolo dell’epidemia COVID, per un atto politico che ha schiacciato tutte le spinte alla divisione e alla cagnara di un centrodestra che voleva intestarsi la celebrazione con tutt’altro spirito. Una visita “privata” quella del Presidente, come recitava il protocollo del Quirinale, che più pubblica non poteva essere, con tanto di saluto alla popolazione, a distanza, il primo dopo 100 giorni [continua a leggere]

La destra in manifestazione a Roma

(di Anna Bredice)

primo a togliere la mascherina a favore delle telecamere è stato proprio Salvini, tanti selfie con strette di mano e distanze completamente saltate. “Ce l’ho in tasca ha detto, parlando della mascherina, speriamo che abbia ragione chi dice che il virus stia morendo”.

E’ difficile dire se la manifestazione di oggi di Salvini, Meloni e Tajani sia stata una provocazione voluta o che abbiano anche loro perso il controllo della situazione, fatto sta che tutte le norme di distanziamento a cui si è appellato il governo per tre mesi, a mezzogiorno in Via del Corso erano saltate, la polizia non sapeva più come comportarsi e i tre alla fine se ne sono andati ognuno per conto proprio, Tajani il più imbarazzato, Meloni che voleva un flash mob e aveva chiesto alla gente di seguire sui social con la faccia corrucciata, e Salvini, invece, contento e sorridente è rimasto dietro alcune transenne fino alla fine a fare selfie, stringere mani e dichiarare in tv.

La destra ha voluto un 2 giugno di parte, è stata la sua risposta all’appello di unità e coesione che mai come ora Mattarella ha riempito di significato. Invece Salvini Meloni e Tajani, perché Berlusconi ha preferito non esserci, sono scesi in piazza per criticare le scelte del governo e intestarsi la paura delle persone per la crisi economica che potrebbe essere alle porte. Partendo da Piazza del Popolo alle dieci, con un tricolore srotolato lungo la via, le persone, non le trecento annunciate, ma molte di più, si sono accalcate, era evidente quindi anche ai leader già all’inizio che non si potevano seguire le norme di distanziamento, tra i manifestanti anche un gruppo di estrema destra che urlava insulti contro Conte.

Una manifestazione arrabbiata, dove le voci moderate di Forza Italia si sono subite allontanate, spaventate dalla ressa. Alla fine più che una prova unitaria del centrodestra, è apparsa una prova di forza di Salvini, di responsabilità forse un po’ meno. 

La destra in manifestazione a Milano

(di Alessandro Braga)

È stata una piazza a due facce. Ordinata e, per quanto possibile, distanziata, dal punto di vista formale. Scomposta e urlata, nei contenuti. I controlli all’ingresso, il gel igienizzante per disinfettare le mani, i segni sul terreno per il mantenimento del distanziamento fisico cozzavano coi volumi e i contenuti della piazza. Circa un migliaio le persone, poche meno le bandiere tricolori a sventolare. I cartelli chiedevano lo stop per quella che definiscono “la sanatoria degli immigrati”, il blocco delle cartelle esattoriali, ma soprattutto le dimissioni di un governo ritenuto inetto e incapace. “dimissioni-dimissioni”, lo slogan che più volte ha interrotto gli interventi dal palco, montato in un angolo della piazza. Interventi che, dopo un ovvio attacco al governo, si sono concentrati nella difesa del modello lombardo e dei suoi vertici politici, con il classico repertorio retorico del buon lombardo: operoso, infaticabile, capace di rialzarsi anche nei momenti più bui. Incarnato, a detta di chi era in piazza, dal duo Fontana-Gallera, protagonisti dell’eccellenza lombarda. Quella che, tra parentesi, ha sulla coscienza la malagestione dell’epidemia negli ultimi tre mesi, nella regione che conta 90mila contagi e oltre 16mila morti.

La riapertura in Sardegna

(di Monia Melis)

Dal tam tam al silenzio, fino al piano B non ufficiale. In Sardegna, alla vigilia degli spostamenti tra regioni, ancora non è chiara quale sarà la procedura per chi arriva. Mentre l’isola punta a evitare nuovi focolai di Covid 19 e al contagio zero (in ospedale 22 persone, una sola in terapia intensiva), si ammorbidiscono i toni del presidente della Regione, il leghista sardista, Christian Solinas.

Così il passaporto sanitario rimane uno slogan contro il governo e l’alternativa diventa il tracciamento. Tre i passaggi ipotizzati: registrazione su una piattaforma (forse online), questionario epidemiologico e la proposta di un test. Niente a che vedere, dunque, con la richiesta iniziale del certificato di negatività da accompagnare alla carta di imbarco. E se l’ottimismo incalza sulla spinta delle low cost, tra tutte Ryanair pronta a viaggiare a pieno carico a Cagliari e ad Alghero, di contro c’è Federalberghi: lamenta perdite milionarie anche per la comunicazione istituzionale confusa.

Per ora restano le tappe già stabilite: dal 3 i voli in continuità territoriale per e da Milano e Roma, dal 15 gli altri nazionali e solo dal 25 quelli internazionali.

La Silicon Valley contro Donald Trump

(di Marco Schiaffino)

La Silicon Valley scende in campo contro Donald Trump. Dopo Twitter, che ha ingaggiato un vero e proprio duello con il presidente repubblicano arrivando a censurare i suoi tweet definendoli come messaggi che istigano alla violenza, adesso è il turno di Apple.

Oggi il servizio Apple Music, che normalmente mette a disposizione milioni di brani musicali ai suoi iscritti, offre solo uno streaming radio dedicato al tema dell’antirazzismo e in home page campeggia un messaggio di solidarietà alla comunità afroamericana con l’hashtag #BlackLivesMatter.

La presa di posizione anti-Trump della Silicon Valley non sorprende più di tanto, anche se il posizionamento dei giganti dell’hi-tech non è completamente disinteressato. Se Apple e soci hanno sempre avuto posizioni molto liberal, le distanze da Trump riguardano anche temi politico-economici che vanno oltre le questioni di principio.

Non è un mistero, infatti, che il sovranismo trumpiano e le sue politiche economiche risultino indigeste a chi ha improntato il suo modello di business sulla globalizzazione più spinta. Basti pensare, ed è solo un esempio, agli effetti della guerra commerciale contro la Cina.

A fare eccezione è Mark Zuckerberg. Il fondatore di Facebook nei mesi scorsi ha incassato critiche per un suo presunto avvicinamento all’area conservatrice a suon di cene ed eventi con esponenti legati alla destra. La scorsa settimana ha anche concesso un’intervista a Fox News in cui ha criticato Twitter nella vicenda Trump. Un’uscita che molti hanno interpretato come una vera presa di posizione.

Diversa la situazione sui suoi social network: su Instagram, per esempio, oggi sono comparse milioni di immagini totalmente nere accompagnate dall’hashtag #BlackOutTuesday. Zuckerberg potrà anche riposizionarsi, ma i suoi utenti non lo seguono di certo.

Il coronavirus nel mondo

(di Luigi Ambrosio)

Disputa sui morti per coronavirus in Spagna, dove oggi il ministero della Sanità ha ufficialmente annunciato che il Paese non registra vittime per il secondo giorno consecutivo, ma dove due regioni, le Asturie e la Comunità di Madrid, ne dichiarano nelle ultime 24 ore rispettivamente 6 e 12, con la regione della capitale che ne aveva già dichiarate 11 ieri La conigliera della Sanità della regione di Castiglia e Leon, Veronica Casado ha dichiarato di “non capire” le cifre del ministero.

In Bolivia le elezioni generali, rinviate a causa della pandemia di Covid-19, si terranno il 6 settembre. Il voto avrebbe dovuto svolgersi il 3 maggior scorso, ma è stato rinviato per la pandemia in corso.

In Gran Bretagna ha riaperto il parlamento, tra le polemiche, su decisione del Premier, Boris Johnson.

Negli Stati Uniti sono in aumento i casi di coronavirus nella capitale Washington DC, proprio mentre la città cominciava a riprendere gradualmente le sue attività. Secondo i nuovi conteggi, il numero totale dei contagi nel District of Columbia è salito a 8.857 con un bilancio di almeno 468 morti. Rallenta quindi l’avvio della ‘fase 2’. A New York la Metropolitan Opera rinuncia alla stagione autunnale a causa del Coronavirus. Negli Stati Uniti ci sono stati 734 morti ufficiali nelle scorse 24 ore.

In Russia i morti ufficiali hanno superato quota 5mila.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

 

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