Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 30 luglio 2020

Matteo Salvini

Il racconto della giornata di giovedì 30 luglio 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia con l’intervista al viceministro della sanità Pierpaolo Sileri al via libera del Senato al processo a Matteo Salvini per sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio. I dati diffusi dall’Istat sugli effetti del COVID sulla disoccupazione in Italia, mentre negli USA Donald Trump vorrebbe rinviare il voto delle elezioni presidenziali. Il Gip ha respinto le richieste di scarcerazione dei 6 carabinieri della caserma Levante di Piacenza. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Oggi i dati sul coronavirus in Italia hanno fatto segnare il numero di nuovi casi più alto dal 30 maggio: 386, quasi 100 in più rispetto a quelli di ieri. 112 vengono dal Veneto, 88 dalla Lombardia. 3 le morti a livello nazionale. Aumentano i posti occupati in terapia intensiva: ora sono 47, 9 in più nelle ultime 24 ore. Nel complesso calano le persone attualmente positive, che adesso sono 12.230, grazie al fatto che 765 pazienti sono stati dimessi o dichiarati guariti. Abbiamo intervistato il viceministro della sanità Pierpaolo Sileri:

Oggi la fondazione sanitaria Gimbe ha diffuso un rapporto sulla settimana tra il 22 e il 28 luglio, in cui i nuovi casi accertati sono aumentati del 23% rispetto ai sette giorni precedenti. Nino Cartabellotta è il presidente dell’organizzazione

 

Senato, sì al processo a Salvini per il caso Open Arms

(di Massimo Alberti)

Matteo Salvini sarà processato per i reati di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio, per aver impedito alla nave della ONG spagnola Open Arms di attraccare a Lampedusa nell’agosto del 2019, quando era ministro dell’Interno.
Il voto del senato che ha approvato l’autorizzazione a procedere ha ribaltato il voto della commissione. Italia viva, dopo molte titubanze, ha votato a favore del processo. Il capo della Lega pensa già a sfruttare il processo a fini elettorali: “Mi fate un regalo” ha detto oggi in aula.
Il 1o agosto 2019, la nave della ONG Open Arms soccorre 124 persone al largo della Libia, tra cui molti minorenni. Sulla base del decreto sicurezza bis viene subito vietato l’ingresso in acque italiane. Inizia una dura battaglia legale, mentre la ONG salva altre 39 persone. Alcune per motivi sanitari vengono evacuate. Il 12 agosto il tribunale dei ministri di Palermo, ipotizza i reati di respingimento ed espulsione di minori, e chiede spiegazioni al governo. La nave è ormai in acque italiane, la situazione a bordo è insostenibile. Il 20 agosto il procuratore di Agrigento sale a bordo, e dispone lo sbarco a Lampedusa delle 83 persone rimaste a bordo, ipotizzando il reato di abuso d’ufficio. Nei giorni precedenti nello stesso governo si era aperto lo scontro: mentre Salvini si proclamava difensore dei confini, inizia un carteggio col presidente del consiglio, agli atti, in cui Conte chiede di assegnare un porto per lo sbarco ipotizzando il rischio di respingimento illegittimo. Ma Salvini non cede. È la ragione per cui il tribunale dei ministri ritiene che l’ex ministro abbia agito in autonomia, e viene accusato di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio.

Open Arms, Salvini: “Lo rifarei e lo rifarò”

(di Anna Bredice)

Per fingere indifferenza, Salvini ha annunciato che se ne andrà presto al Papeete a passare le vacanze, laddove la sua discesa politica è iniziata giusto un anno fa, proprio nei giorni in cui si stava svolgendo il dramma dei migranti al largo sulla Open Arms. Eppure per Salvini è il secondo sì ad un processo, prima il caso Gregoretti e ora questo, e la paura naturalmente è di essere condannato e di perdere anche il diritto a ricandidarsi. Ma per ora Salvini, rassegnato già di prima mattina sul risultato del voto, rivendica tutto quello che ha fatto. “Lo rifarei e lo rifarò”, ha detto in tarda mattinata prendendo la parola in aula, dopo aver sentito Renzi che ha annunciato che i suoi avrebbero votato per il processo a Salvini. Era questa l’attesa, ciò che avrebbe fatto Italia viva, visto che nella Giunta per le autorizzazioni i senatori renziani non avevano partecipato al voto, ma anche se avessero votato contro il processo, i voti non sarebbero bastati, ce ne volevano 161 per poter confermare il giudizio della Giunta contraria al processo al capo della Lega. La maggioranza quindi esce apparentemente compatta dal voto, ma le crepe ci sono tutte su questo argomento, visto che Renzi chiede di discutere presto del legame tra giudici e politica, il riferimento è il caso Palamara che è stato in qualche modo il convitato di pietra oggi, utilizzato naturalmente da Salvini che ha ricordato le intercettazioni dell’ex esponente del Csm con giudizi politici verso Salvini, e poi la difficoltà per il governo di affrontare i decreti sicurezza, che dopo un anno sono ancora quelli del governo Lega cinque stelle. Non ci sono stati molti interventi dei cinque stelle, forse imbarazzati dal sostegno a Salvini nel caso Diciotti, anche se è un caso diverso dalla Open Arms e a Salvini in aula è sembrato bruciare di più il mancato aiuto di Renzi che il silenzio di Di Maio.

Istat, 600mila occupati in meno da febbraio 2020

(di Massimo Alberti)

Sono 600 mila in meno gli occupati da febbraio, con l’inizio della pandemia. Lo dice l’Istat nell’aggiornamento del monitoraggio sull’andamento del lavoro nella pandemia. A giugno sono 46 mila gli occupati persi rispetto a maggio, e dopo il crollo dei contratti a tempo il calo ha iniziato a toccare anche i lavoratori con contratto a tutele crescenti, nonostante il blocco dei licenziamenti.
Dati che si innestano su una situazione strutturale che la pandemia ha ulteriormente accentuato, quella del lavoro povero. Il rapporto del Censis parla di oltre 2 milioni di famiglia ad un passo dalla soglia di povertà, nonostante un impiego.
2,8 milioni di lavoratori poveri, cioè persone che restano povere pur lavorando a causa del basso reddito guadagnato a fine mese. Un dato accentuato dai mesi della pandemia dove, sottolinea il Censis, a pagare le conseguenze del lockdown e della crisi economica sono soprattutto le famiglie più povere, con lavori irregolari. Tra marzo e aprile 15 su 100 hanno visto ridursi il reddito del proprio nucleo familiare di oltre la metà, 18 italiani su 100tra il 25 e il 50% del reddito, il 33% almeno di un quarto i problemi strutturali risalgono al prima del COVID, esasperati dalle riforme del mercato del lavoro ed in particolare dal Jobs Act che ha sancito la politica della competizione basata sui bassi salari: contratti precari, esplosione del part time involontario. La terza questione, su cui il Censis insiste, è il lavoro nero. Di quei 2,1 milioni di famiglie spinte verso la povertà, metà, “vivono esclusivamente di lavoro irregolare”. È per questa ragione che le associazioni che si occupano di povertà chiedono al governo di non toccare le norme di sostegno al reddito, e chiedono una proroga al 15 settembre della scadenza per la presentazione della domanda per il Reddito di emergenza che scadrebbe il 31 luglio. Il problema è l’accesso all’informazione, problema che va di pari passi con la povertà. fino al 30 giugno a chiederlo sono state solo 518 mila persone, nonostante ad averne diritto siano almeno due milioni. I fondi sono già a bilancio e non comporterebbe costi aggiuntivi sottolineano il forum diseguaglianze e l’ASVIS, che chiedono al governo di rafforzare la campagna di informazione.
L’ansa intanto ha diffuso alcune bozze del decreto agosto. Sostanzialmente confermato quanto annunciato dal governo nei giorni scorsi: viene prolungato il blocco dei licenziamenti ma si concede una scappatoia alle imprese che dichiarano fallimento, sospesi i vincoli sui contratti a termine, paletti alla cassa integrazione per evitare le frodi delle imprese, 6 mesi di decontribuzione per chi assume a tutele crescenti.

Piacenza, respinte le richieste di scarcerazione dei 6 carabinieri

(di Massimo Alberti)

Restano in carcere ed ai domiciliari i 6 carabinieri della caserma Levante di Piacenza arrestati il 22 luglio. Il Gip ha respinto le richieste di scarcerazione. In settimana era anche stato prolungato il sequestro della caserma. La decisione è arrivata dopo gli interrogatori di garanzia dove gli arrestati si sono presentati in ordine sparso: colui che era considerato il capo, Giuseppe Montella, avrebbe fatto alcune ammissioni. Giacomo Falanga, ritenuto dai magistrati “il più violento della banda di criminali”, aveva spiegato che i soldi erano una vincita al gratta e vinci e che uno degli arrestati pestato in caserma era caduto da solo. Altri si erano avvalsi della facoltà di non rispondere come il comandante della stazione, il maresciallo Marco Orlando.
Intanto la questura di Roma ha annunciato un’indagine interna sul pestaggio subito da un 23enne da parte di due poliziotti in borghese la notte del 25 luglio scorso. Il ragazzo a denunciato di essere stato affiancato da un’auto, mentre tornava a casa in moto. Alla richiesta di spiegazioni, l’auto gli avrebbe tagliato la strada, i poliziotti in borghese sarebbero scesi, uno di loro dopo avere estratto il tesserino lo avrebbe prima minacciato poi colpito con schiaffi e pugni.

Germania, il tedesco crolla del 10,1%

(di Flavia Mosca Goretta)

Il PIL tedesco è crollato nel secondo trimestre del 10,1%. Il peggior dato, dice l’Ufficio federale di Statistica, dal 1970, quando sono iniziate le misurazioni trimestrali. Già nei tre mesi precedenti c’era stato un calo del 2% circa, la Germania è in recessione – già ribattezzata la “recessione del secolo”. Durante il lockdown molti negozi, locali e fabbriche erano chiusi, eventi e spettacoli annullati. Tra aprile e giugno sono diminuite importazioni ed esportazioni, consumi ed investimenti delle aziende. I disoccupati sono ora quasi 3 milioni, dati dell’Agenzia per il lavoro. A luglio il tasso è salito al 6,3%: un leggero aumento sul mese precedente, ma fino a marzo era attorno al 5%. Il massiccio ricorso alla cassa integrazione ha evitato una situazione più grave. Diversi esperti prevedono una ripresa dell’economia già dal trimestre attuale, anche grazie al pacchetto predisposto dal governo da 130 miliardi di euro. Pesa però l’incognita di come si evolverà la pandemia e se ci sarà in Germania la temuta seconda ondata di contagi.

Donald Trump non può cambiare la data delle elezioni

(di Roberto Festa)

Rinviare il voto delle presidenziali è praticamente impossibile. La data delle elezioni è stabilita da una legge federale. Ci vorrebbe una nuova legge per cambiare quella data, votata dal Congresso, firmata dal Presidente e soggetta al possibile giudizio dei tribunali. E anche se le elezioni per qualche ragione fossero rimandate, il nuovo Congresso deve riunirsi comunque il 3 gennaio 2021 e il nuovo presidente giurare il 20 gennaio. Ecco perché Donald Trump non può cambiare la data delle elezioni. Il fatto però di scriverlo, in un tweet, è un dato ovviamente eccezionale. Tutti i sondaggi danno il presidente in forte svantaggio rispetto a Joe Biden. Il voto per posta, che Trump continua a definire, senza motivo, una frode, è destinato ad aumentare l’affluenza al voto e favorire dunque I democratici. Messo alle corde – dalla crisi economica, dal coronavirus, da una presidenza distruttiva e deludente – Trump gioca quindi il tutto per tutto. Diffonde timori sulla regolarità delle elezioni, scatena il caos, mostra a cosa.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Il 31 dicembre 2024 è stata una giornata tremenda per la musica italiana. La notizia della morte di Paolo Benvegnù ha colpito duramente le moltissime persone che negli anni sono state toccate dalle sue canzoni, dalla sua voce, dalla sua poesia, oltre che dalla sua straordinaria umanità. Lo amavano le persone che lo conoscevano grazie ai suoi dischi e ai suoi concerti, lo amavano le persone che avevano avuto modo di incontrarlo, di lavorarci, di parlarci anche solo per pochi minuti. Lo amavano i suoi amici, lo amava la sua famiglia, a cui vanno ancora oggi, a un mese dalla sua morte, tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto. Radio Popolare ha ospitato molte volte Paolo Benvegnù nei propri studi, per interviste, minilive e concerti nell’Auditorium: ogni volta è stata speciale. Per questo, nella notte tra venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio, Radio Popolare ha realizzato una trasmissione speciale in cui riproporre molte di queste registrazioni d’archivio: da un minilive degli Scisma del 2000 fino all’ultima apparizione di Paolo Benvegnù sulle nostre frequenze, l’11 ottobre 2024; in mezzo, altre interviste, un intero concerto in Auditorium e anche alcuni brani che arrivano da un altro archivio, quello di Radio Città del Capo di Bologna, grazie alla preziosa collaborazione di Francesco Locane. Quasi quattro ore di musica e di parole, tutte per Paolo Benvegnù. Che sarà sempre nei nostri cuori. A cura di Niccolò Vecchia

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    Il 31 dicembre 2024 è stata una giornata tremenda per la musica italiana. La notizia della morte di Paolo Benvegnù ha colpito duramente le moltissime persone che negli anni sono state toccate dalle sue canzoni, dalla sua voce, dalla sua poesia, oltre che dalla sua straordinaria umanità. Lo amavano le persone che lo conoscevano grazie ai suoi dischi e ai suoi concerti, lo amavano le persone che avevano avuto modo di incontrarlo, di lavorarci, di parlarci anche solo per pochi minuti. Lo amavano i suoi amici, lo amava la sua famiglia, a cui vanno ancora oggi, a un mese dalla sua morte, tutta la nostra vicinanza e il nostro affetto. Radio Popolare ha ospitato molte volte Paolo Benvegnù nei propri studi, per interviste, minilive e concerti nell’Auditorium: ogni volta è stata speciale. Per questo, nella notte tra venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio, Radio Popolare ha realizzato una trasmissione speciale in cui riproporre molte di queste registrazioni d’archivio: da un minilive degli Scisma del 2000 fino all’ultima apparizione di Paolo Benvegnù sulle nostre frequenze, l’11 ottobre 2024; in mezzo, altre interviste, un intero concerto in Auditorium e anche alcuni brani che arrivano da un altro archivio, quello di Radio Città del Capo di Bologna, grazie alla preziosa collaborazione di Francesco Locane. Quasi quattro ore di musica e di parole, tutte per Paolo Benvegnù. Che sarà sempre nei nostri cuori. A cura di Niccolò Vecchia

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