Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 16 aprile 2020

Esercito Fase 2

Il racconto della giornata di giovedì 16 aprile 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dall’analisi dei dati dell’epidemia di Vittorio Agnoletto alle discussioni sulla Fase 2 in Italia, con le Regioni del Nord che fanno pressioni al governo e il rischio di una riapertura graduale con confusione e approssimazione. Almeno 30 Procure al lavoro in tutta Italia sui tanti morti nelle case di riposo dall’inizio dell’emergenza COVID-19, mentre Radio Popolare raccoglie l’agghiacciante testimonianza sulla situazione attuale all’interno del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

L’analisi di Vittorio Agnoletto sui dati dell’epidemia diffusi oggi

Partiamo dal quadro della situazione. Diciamo subito che siamo in linea con le ultime giornate. L’andamento dell’epidemia si conferma in discesa. I nuovi positivi sono 3.786 con un numero record di tamponi: da ieri sono stati 61mila. In percentuale è risultato positivo il 6,2%: praticamente la stessa percentuale di ieri, livello più basso da inizio epidemia.
Sono in calo sia i ricoveri ordinari che quelli in terapia intensiva, scesi sotto quota 3mila per la prima volta dal 20 marzo. I deceduti sono, da ieri, 525.

Come sappiamo il dato nazionale dipende in gran parte da quello della Regione più colpita, la Lombardia. La valutazione di Vittorio Agnoletto:

 

Le pressioni del Nord Italia per la riapertura

(di Anna Bredice)

Le Regioni del Nord, quelle più colpite dal coronavirus, ora vogliono che si faccia in fretta a ripartire soprattutto con la produzione industriale, vorrebbero che dal 4 maggio si mettesse l’acceleratore alla ripresa. E i sindacati che finora hanno cercato il dialogo sia con le Regioni che con il Governo sentono che qualcosa comincia a sfuggire di mano, chiedono un incontro urgente a Conte a Palazzo Chigi, ricordando che deve continuare ad esserci una regia nazionale sul tema della sicurezza e della salute dei lavoratori, come è stato finora: “Né fughe in avanti né protagonismi” dicono i sindacati che sottolineano il rischio di perdere tutto quello che si è fatto finora.
Ed è ciò che il Ministro degli Affari Regionali Boccia ha ripetuto ancora poco fa, “c’è bisogno di un gioco di squadra“. Il timore è che ci siano partenze disomogenee per aree. Il presidente della Regione Lombardia Fontana oggi ha fatto una sorta di rettifica, nei toni perlomeno, ricordando che la decisione di riaprire le industrie spetta al governo, e non alle Regioni. Ha annunciato che ci sarà nel fine settimana un incontro con il governo per una cabina di regia che decida i tempi, magari scaglionati per settimane, per ricominciare la produzione industriale, ma comunque Fontana riconferma la necessità di voltare pagina il 4 maggio. E su questa linea oggi si sono posizionati tutti gli altri governatori del Nord, dell centro destra e della Lega in particolare, dalla Lombardia, al Veneto, al Piemonte, al Friuli Venezia Giulia. Un’accelerazione che rischia di rendere inutile il lavoro del comitato socio economico che Conte ha creato, guidato da Colao, per decidere i tempi della ripresa. Oggi il comitato non si sarebbe nemmeno riunito, rinviando tutto a domani.

Fase 2, l’Italia rischia di partire con confusione e approssimazione

(di Michele Migone)

L’Italia rischia di presentarsi alla Fase 2 con una buona dose di confusione e approssimazione sulle spalle. Secondo il calendario ufficioso del governo manca poco tempo. Tre settimane. La priorità dovrà essere la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini. Ma ci saranno gli strumenti per garantirla?
Per convivere con il virus ogni italiano dovrà avere una mascherina. Si tratta di milioni e milioni di pezzi. Ci saranno? Ancora adesso ci sono difficoltà a reperirle laddove sono più necessarie. Altri strumenti fondamentali sono i tamponi e i test sierologici. I primi sono indispensabili per sapere chi è positivo, isolarlo e isolare le persone con cui ha avuto contatti. I secondi stabiliscono chi ha prodotto anticorpi. Il commissario Arcuri ha promesso 2 milioni e mezzo di tamponi entro maggio e una app per tracciare positivi e contatti. Il numero sarà sufficiente? Cosa fare con la Lombardia e il Piemonte, dove le giunte leghiste si rifiutano ancora di fare tamponi per mappare il virus? E poi, i tamponi dovranno essere periodici per ogni singola persona.
Visto il già grave ritardo e le divisioni, riusciranno il governo e le regioni a mettere in piedi un sistema efficace entro poche settimane? Per le attività produttive, la fase 2 prevederà una diversa organizzazione del trasporto pubblico e del lavoro. Orari modulati lungo il corso del giorno e della settimana per evitare affollamenti. Alcuni settori partiranno prima di altri. Ma per tutti il tema sarà la sicurezza. Chi verificherà che le norme vengano rispettate ? L’Istat ci ha rivelato che durante questo lockdown il 55% degli italiani si recato al lavoro. 100.000 aziende sono rimaste aperte in deroga, sulla base del silenzio assenso dei prefetti, la maggior parte delle quali al Nord. Poche le verifiche. Difficile pensare che nella Fase 2 ce ne saranno di più.

Indagini sulle Rsa di tutta Italia

(di Letizia Mosca)

Sono almeno 30 le Procure al lavoro in tutta Italia sui tanti, troppi morti nelle case di riposo dall’inizio dell’emergenza coronavirus. Inchieste, molte ancora senza indagati, per provare a trovare una relazione tra i decessi, il virus ed eventuali negligenze.
La Lombardia è quella che ha fatto e sta facendo peggio. Sui 3.859 morti nelle case di riposo, positivi al coronavirus o con patologie assimilabili, rilevati dall’Istituto Superiore di Sanità, quasi la metà, 1.822, sono morti in Lombardia.
Nella Regione sotto accusa, oltre alla mancanza di mascherine e all’organizzazione interna, c’è la delibera con cui la Lombardia disponeva che i malati di COVID-19 dimessi dagli ospedali al collasso venissero accolti dalle case di riposo. “Su base volontaria“, si difende la Regione, in cambio le Rsa avrebbero avuto dalla Lombardia il pagamento di una retta da 150 euro al giorno per ogni paziente accettato.
Decessi superiori alla media però ci sono un po’ in tutte le Regioni. 400 i morti in Piemonte. In Veneto 760 decessi. In tutta Italia i Nas hanno setacciato 600 strutture, trovandone irregolari più di cento. Le violazioni riscontrare risalgono per lo più a prima dell’emergenza coronavirus e con la diffusone del contagio potevano solo far esplodere la situazione: strutture inadeguate, truffe, mancate autorizzazione. In Umbria per esempio, ma non è il solo caso, hanno scoperto che in 5 case di riposo erano ospitati anziani invalidi. Nella documentazione medica si sosteneva il contrario per aggirare le autorizzazioni regionali, ridurre così il personale qualificato e incassare più soldi.

Trivulzio, la testimonianza: “Situazione completamente fuori controllo”

L’inchiesta sul Pio Albergo Trivulzio di Milano e altre Rsa della Lombardia va avanti ormai da giorni, ma la situazione attuale sembra peggiorare di giorno in giorno. L’ispezione del Ministero della Salute ha confermato che le disposizioni di non far entrare possibili contagiati di COVID-19 non sono state rispettate al Trivulzio e anche gli uffici della Regione Lombardia nelle ultime ore è stata oggetto di perquisizioni da parte del nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza.
In attesa che la magistratura faccia il suo corso, però, la situazione all’interno del Pio Albergo Trivulzio è sempre più fuori controllo. Lo ha confermato a Prisma Alessandro Azzoni, che aveva già raccontato a Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni delle difficoltà di avere aggiornamenti sulle condizioni di salute di sua madre, al Trivulzio da due anni. CONTINUA A LEGGERE.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Foto dalla pagina Facebook dell’Esercito Italiano

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    GIORGIA LANDOLFO - SENZA SPEGNERE LA VOCE - presentato da Anna Bredice

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    Il voto giovanile in Germania e negli Usa ha dimostrato una forte polarizzazione tra maschi (AfD e Trump) e femmine (Linke e Harris). Secondo le analisi è un segno di vitalità e potenziale di cambiamento. In Italia è tutto più sfumato, anche a livello giovanile. La polarizzazione c’è ma sottotraccia, ceti sociali e cerchi di istruzione omogenei tendono a stare con i propri simili, il conflitto sembra un male. Al suo posto resta solo spazio per lo scontro. E’ utile in periodi di grandi cambiamenti? Ospiti: Vincenzo Emanuele, docente di Scienza Politica Università Luiss; Francesca Cucchiara, consigliera comunale dei Verdi a Milano; Giovanni Boccia Artieri, sociologo della comunicazione all’Università di Urbino. Condotta da Massimo Bacchetta, a cura di Massimo Alberti

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