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Che cosa è successo oggi? – Domenica 25 ottobre 2020

Piano Pandemico - Terapie Intensive Campania

Il racconto della giornata di domenica 25 ottobre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia alle misure introdotte dal nuovo DPCM e la promessa di un ristoro per le categorie più colpite dalle misure fatta dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella conferenza stampa di presentazione del nuovo decreto. Si è concluso oggi il 103esimo Giro d’Italia tra squadre ritirate per i contagi, tappe saltate e ridotte. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

I casi di COVID-19 nelle ultime 24 ore sono cresciuti in Italia di 21.273. Sono stati fatti 161.800 tamponi, quindi meno di ieri. In calo il numero delle vittime, che sono state 128 mentre ieri ieri erano state 151. Il maggior numero di nuovi positivi sono anche oggi in Lombardia, 5762 di cui 2589 a Milano e provincia, Varese 907, Monza 588
In Campania c’è stato un forte aumento dei positivi, che sono saliti di 2590 unità.
Alti anche i numeri in Piemonte, 2287 nelle ultime 24 ore.

COVID-19, cosa prevede il nuovo DPCM?

(di Mattia Guastafierro)

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha firmato e presentato in conferenza stampa il nuovo DPCM, con misure che rimarranno in vigore circa un mese, fino al 24 novembre.
Iniziamo dalle chiusure. Bar e ristoranti potranno restare aperti al pubblico per il consumo al tavolo solo dalle 5 alle 18, nei giorni feriali e in quelli festivi. Solo 4 le persone consentite al tavolo, salvo che siano tutte conviventi. È sempre consentita la consegna a domicilio, mentre l’asporto solo fino alle 24. Stop invece tutto il giorno e tutti i giorni a cinema, teatri, palestre, piscine, stadi, sale giochi e altri centri ricreativi. I musei e le mostre restano invece aperti con accessi contingentati. [CONTINUA A LEGGERE]

Conte promette il ristoro immediato per le categorie più colpite

(di Anna Bredice)

“Capisco le ragioni di chi è più colpito”. Lo ha detto Conte nella conferenza stampa, mezz’ora di presentazione del nuovo decreto fatta tutta sulla difensiva, di chi deve giustificare una rincorsa al virus, sapendo che questa volta non c’è quella comprensione e pazienza della prima fase. Per questo Conte promette il ristoro quasi immediato dei guadagni che mancheranno per un mese a quelle categorie che da domani subiranno ulteriori strette e non ha esitato a far salire nelle sue stanze una delegazione di ristoratori e albergatori che protestavano da qualche ora davanti a Montecitorio. A loro ha promesso i soldi a fondo perduto e la cassa integrazione per i loro dipendenti. “Abbiamo scommesso un caffè a dicembre quando ci rivedremo”, ha detto Paolo Bianchini, presidente dell’associazione, sentiamo le nostre aziende che ci dicono che sono un’altra volta al collasso, con incassi del dieci per cento, ci ha promesso che ci darà risorse da erogare entro metà novembre, è un momento delicato, prosegue Bianchini, e al premier abbiamo detto che può sfociare in disagio sociale”. Capisco la protesta ha detto il presidente del Consiglio, questa volta per lui è diverso, deve spingere di più sulle promesse per non esasperare gli animi, e così assicura che i soldi arriveranno direttamente sui conti correnti nelle prossime settimane, che ci sarà un credito d’imposta per gli affitti, la cancellazione della rata dell’Imu, la cassa integrazione, ma ci sono anche i lavoratori dello spettacolo e del cinema in allarme, categorie divise e preoccupate. E poi il rischio che si ripetano gli scontri di napoli e roma, fomentati dalla destra estrema, con la paura dei sindaci che temono che ricadrà su di loro la responsabilità delle possibili manifestazioni di protesta. C’è uno scontento anche degli alleati, i cinque stelle spingono per finanziare ancora il reddito di emergenza e puntano il dito contro il poco che si è fatto sui trasporti. Martedì ci sarà il consiglio dei ministri con le misure stanziate e poi la speranza, che sta dietro a questo DPCM, che alla scadenza del 24 novembre, regali un natale che Conte definisce e spera “sereno”.

Si è concluso il 103esimo Giro d’Italia

(di Valerio Sforna)

Oggi pomeriggio si è concluso il 103esimo Giro d’Italia che tra squadre ritirate per i contagi, tappe saltate e ridotte, comunque è riuscito ad arrivare a Milano, incoronando comunque una nuova generazione di corridori.
La direzione di corsa aveva chiesto ai milanesi di guardare la tappa in tv. Ma alcuni non hanno resistito e sono comunque scesi in strada ad omaggiare la corsa Rosa, che nel pomeriggio ha attraversato e bloccato la parte orientale della città. Qualche assembramento nell’attraversamento pedonale tra piazza del Duomo e via Torino. Un po’ di confusione nei pressi della Galleria tra chi passeggia e chi cerca di sbirciare il percorso, tra palco e transenne. Tutti comunque portano la mascherina. Centinaia di poliziotti a controllare. E Il villaggio in piazza Castello, invece, semideserto. La 21esima ed ultima tappa, la classica cronometro individuale, partita da Cernusco sul Naviglio per arrivare a Piazza Duomo, 15 km e 700 metri ha visto la quarta vittoria di tappa del piemontese Filippo Ganna, ma ha incoronato vincitore del Giro d’Italia il londinese Tao Geoghegan Hart dopo una battaglia sul filo dei secondi con l’australiano Jai Hindley. In 103 edizioni solo per tre volte l’ultima tappa ha decretato il vincitore, ma per la prima volta nella storia due ciclisti sono partiti con lo stesso tempo all’ultima frazione. È stato il giro dei giovani, il vincitore è del 1995. Il secondo del 1996. Nibali e Pozzovivo, i vecchi leoni del gruppo, hanno passato il testimone. 3.480 km in totale. Da Monreale a Milano. E il Giro ha fatto una grande fatica a percorrerli. Non solo quella sui pedali. Più di 40 ritiri tra infortuni e contagi. Due squadre che hanno abbandonato la corsa. La tappa sulle Alpi francesi saltata. Quella di Asti ridotta per decisione dei soli corridori. Un Giro azzoppato insomma paragonato da molti a quello del 1946 vinto da Bartali in mezzo alle macerie della guerra.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Riarmiamoci e partiamo. La spesa militare ha la priorità in Europa. Ursula von der Leyen sostiene che questa “è un’era di riarmo” e mette sul piatto 800 miliardi di euro. Il futuro governo tedesco di Friederich Merz si è detto disposto ad allentare l’austerità per finanziare l'aumento della spesa militare in Germania. Una situazione in completo movimento che parte dalla decisione degli Stati Uniti di Trump di far saltare il banco della difesa europea, dicendo no al modello di finanziamento della spesa militare in Europa a prevalente capitale pubblico americano. E così la difesa europea, anziché essere un pilastro istituzionale di una futura Europa politica, si trasforma in un sinonimo di “corsa agli armamenti”, una corsa per soddisfare gli appetiti dell’industria bellica. Mentre la “difesa europea” dovrebbe essere sinonimo di “sovranità europea sulla spesa militare”, un recupero di sovranità dell’Europa nel campo della difesa dopo decenni di dominio degli Stati Uniti. Pubblica ha ospitato Francesco Lenzi, economista, e Stefano Zamagni, economista, ex presidente dell'agenzia per il terzo settore, fino a due anni fa è stato presidente della Pontificia accademia delle scienza sociali.

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