Tra le tante tornate elettorali di questi mesi in Africa una delle più attese e piena di incognite è quella del Ciad che va alle urne domenica 10 aprile.
La ricandidatura del presidente uscente, Idriss Déby, per un quinto mandato alla guida del paese ha scatenato un’ondata di scioperi e manifestazioni su tutto il territorio nazionale, sfociati in una serie di arresti di esponenti della società civile. Questa volta, però, a differenza delle ultime elezioni segnate dal boicottaggio dell’opposizione, Deby dovrà fare i conti con un’opposizione divisa ma decisa a partecipare al processo elettorale. A sfidare il capo dello stato uscente saranno altri 13 candidati, gran parte dei quali già noti all’interno del panorama politico nazionale.
Quello che sembra avere più chances è il leader dell’Unione nazionale per la democrazia e il rinnovamento Saleh Kebzabo. Candidato per la terza volta alle elezioni presidenziali, ha ottenuto il sostegno di diverse personalità appartenenti all’etnia del presidente, i Zaghawa.
La ricandidatura del presidente uscente ha provocato numerose manifestazioni da parte della società civile. Ad accendere la scintilla delle proteste, tuttavia, è stato un episodio che sembra slegato dalla politica ma che ha profondamente indignato l’opinione pubblica: si tratta della violenza sessuale subita dalla figlia dell’oppositore politico Mahamat Yesko Brahim, Zouhoura. L’episodio sarebbe avvenuto a inizio febbraio e ne sarebbero responsabili cinque uomini tra cui tre figli di generali dell’esercito nazionale.
Tra gli arrestati anche il figlio del ministro degli Esteri Moussa Faki Mahamat. L’episodio ha scatenato un’ondata di proteste guidata da giovani liceali. Iniziate nella capitale, le manifestazioni si sono estese ad altre città del paese, tra cui Moundou, capitale economica del Ciad. La polizia ha risposto con la violenza uccidendo due giovani manifestanti. Le proteste sono poi arrivate fino a chiedere il ritiro della candidatura del presidente uscente.
Sullo sfondo di questa consultazione una crisi economica tra le più gravi degli ultimi anni, causata dal crollo dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali che ha messo in ginocchio un paese il cui Pil è formato per ben il 75% dalle entrate petrolifere.
Sul piano politico poi il Ciad è il principale attore della lotta al terrorismo che in questa regione di chiama Boko Haram. Non a caso il paese ospita la base principale dell’operazione a guida francese Barkhane. La missione è composta da 3550 militari dispiegati in cinque paesi africani. Tra questi, oltre al Ciad, Mali, Mauritania, Niger e Burkina Faso.