“Il dialetto, inteso come lingua del territorio, è blues perché ambedue nascono dalla terra, non sono entità ‘organizzate’ ma nascono dalla quotidianità”. Esordisce così Cesare Basile all’inizio della nostra chiacchierata in diretta a Jack in previsione del concerto di mercoledì 4 novembre alla Salumeria della Musica; “per me è normale cantare in dialetto – dice -; è la prima lingua che ho imparato nell’infanzia; anzi potrei fare una battuta dicendo che ho fatto più fatica ad imparare a cantare in italiano”.
La collaudata formazione con cui è in tour (e con cui ha registrato l’album Tu Prenditi L’amore che Vuoi e Non Chiederlo più ) è quella de I Caminanti: Enrico Gabrielli, Rodrigo D’Erasmo, Massimo Ferrarotto, Luca Recchia, Simona Norato oltre che dallo stesso Basile.
“Sul palco improvviseremo partendo da una struttura musicale che funziona da canovaccio. Non siamo una band che suona sempre insieme o che fa le prove spesso ma siamo tutti artisti che hanno partecipato alle registrazioni del disco, quindi siamo padroni dei brani che eseguiamo. Ma questo è anche il bello dei live con I Caminanti perché ogni spettacolo è diverso dal precedente e dal prossimo ed è molto umorale, legato alle sensazioni che ogni musicista vive in quel momento in quella giornata”.
Tu Prenditi L’amore che Vuoi e Non Chiederlo più è stato appena premiato con la Targa Tenco per il miglior disco dialettale dell’anno. Anche Cesare Basile ha quindi partecipato all’omaggio a Francesco Guccini. Proviamo quindi a punzecchiarlo a riguardo e lui: “In effetti l’ho trovato un po annoiato. Sopratutto alla fine, dopo 3 giorni che ascoltava brani suoi eseguiti da altri. Mi è parso visibilmente stufo, tra l’altro mi sono reso protagonista di una figuraccia: ci siamo incrociati per caso all’esterno nello spazio fumatori. E io sono stato lì a pensare una domanda intelligente, ma poi alla fine ne sono uscito con la domanda più idiota che potessi fare ‘cosa provi quando senti le tue canzoni suonate da altri?’ e Lui serafico ‘dipende da chi sono gli altri'”.
Cesare Basile invece è stufo, come chi scrive peraltro, di vedere continuamente attaccate le etichette, di dover smontare cliché; ad esempio quello secondo cui Catania sarebbe la città più rock d’Italia. “E’ un po’ una rottura di cazzo ora e lo era anni fa quando è uscita quella buffonata della Seattle d’Italia. Era una mossa commerciale che puntava a cavalcare una certa onda per vendere di più. Esiste certamente una scena viva , composta da musicisti validi e persone interessanti dal punto di vista della sperimentazione culturale; esiste ma non ha niente a che vedere con Seattle e con le strategie di vendita di alcuni prodotti specifici. E’ una città che come tante altre: vive di contraddizioni e soffre le mancanze della politica culturale di questo paese e a questo prova a reagire”.