La lettera dei sindaci sembra un ultimo appello. Il tentativo di tenere unito tutto il centrosinistra, con la stessa connotazione politica che ha avuto fino a oggi. La prima parte dell’appello chiama in causa le forze politiche a sinistra del Pd. La seconda parte, la maggioranza renziana dei democratici. I tre firmatari – il sindaco di Genova Marco Doria, quello di Milano Giuliano Pisapia e quello di Cagliari Massimo Zedda – hanno un profilo politico e un’ esperienza comune. Tutti e tre nel 2010 si presentarono da outsider alle primarie del centrosinistra per scegliere il candidato sindaco nella loro città e vinsero. Le primarie e poi le elezioni. Nessuno di loro proveniva dal Pd e tutti e tre riuscirono a rappresentare una coalizione ampia e plurale. Furono definiti i “sindaci arancioni”.
Da allora il mondo della politica italiana è cambiato. E’ iniziata l’era di Renzi alla guida del Pd e del Paese, e le forze centrifughe che potrebbero decretare la fine del centrosinistra così come lo abbiamo conosciuto sono molte. Il primo attore del mutamento è Renzi stesso il quale non fa mistero di immaginare un Pd diverso, egemone, autosufficiente, più liberale da un punto di vista culturale e orientato al centro. La figura del commissario di Expo, Giuseppe Sala, a Milano va in questa direzione. Una delle prime dichiarazioni pubbliche di Sala in procinto di candidarsi è stata la affermazione della sua diversità politica da Pisapia.
A sinistra del Pd le spinte non sono da meno. Ad esempio, poche ore dopo la pubblicazione della lettera, Giuseppe Civati è stato chiaro: “Pretendere che ora, grazie alla lettera, il Pd cambi rotta e torni a sinistra è un po’ come tentare di far rientrare il dentifricio nel tubetto, per dirla con una celebre espressione di Romano Prodi”.
E poi c’è Rifondazione, c’è la galassia dei movimenti; e c’è soprattutto Sel che in Parlamento ha costituito nuovi gruppi assieme ad alcuni ex del Pd come Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre, primo nucleo di quello che dovrebbe essere il nuovo partito Sinistra Italiana, e che nelle città dove si vota si prepara a correre da sola con l’eccezione, salvo ulteriori sviluppi, di Milano.
Milano è cruciale. “Le primarie non sono una sfida politica nazionale” dicono i suoi protagonisti. Ma è innegabile che, assieme al progetto di città, in vista del voto del 7 febbraio in gioco ci saranno anche due diversi modelli di centrosinistra.
La strada, per l’iniziativa dei sindaci, è stretta. Una proposta-cerniera che trova in questo momento una adesione chiara solo dalla minoranza del Pd che sabato organizzerà a Roma la cosiddetta “anti Leopolda” mentre a Firenze sarà nel pieno la seconda giornata della kermesse renziana. La sinistra interna ha invitato i tre sindaci al teatro Vittoria.
Abbiamo raggiunto la deputata della minoranza Pd Barbara Pollastrini per un commento: