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Tratto dal podcast
Prisma di mar 17/08/21
Italia | 2021-08-17
La nave ResQ – People Saving People si trova al largo di Siracusa con 166 naufraghi in attesa da tre giorni della comunicazione di un porto sicuro in cui sbarcare. A bordo nella nave Cecilia Strada ci racconta l’attesa, i messaggi che riceve dall’Afghanistan nello strazio della guerra e di quella bottiglia di lacrime che ancora non può permettersi di aprire. L’intervista integrale di Claudio Jampaglia è riascoltabile nel podcast della puntata di Prisma di martedì 17 agosto 2021.
Ieri sera il nostro comandante ci ha portato tra Portopalo di Capo Passero e Siracusa per avere più riparo possibile dal vento e dalle onde e tenere le persone a bordo più calme e tranquille possibile. È ovvio che una nave, dopo aver effettuato un salvataggio, ha diritto di riprendere la sua rotta e tornare a fare il suo lavoro il prima possibile. L’ovvietà purtroppo scompare quando si tratta di navi da soccorso. Questo non va bene, non è bello.
Stiamo continuando a chiedere un porto. Abbiamo chiesto a tutte le autorità marittime. Per ora non abbiamo notizie, ma continuiamo ad aspettare fiduciosi.
Ieri sera, essendo venuti a cercare riparo a 15 miglia dalla costa, quando è sceso il buio abbiamo visto le luci delle città. C’è stato un momento di grande eccitazione, le persone chiedevano: “Ci siamo? Stiamo andando? Sbarchiamo stasera?“. Mano a mano che le ore passano è sempre più difficile spiegare come mai non possiamo scendere.
Ho letto un tuo commento in cui scrivevi: “Il mio telefono è pieno di foto dell’ultimo viaggio in Afghanistan”. Questo dev’essere un momento fortissimo per te. Il tuo pensiero è rivolto a tutte le persone in Afghanistan che hai frequentato e conosciuto?
Questa mattina ho avuto un piccolo scambio tramite WhatsApp con un grande amico afghano che mi ha parlato del dolore che prova per la morte di mio padre. Mi ha raccontato qual è la situazione in Afghanistan, mi ha detto che i talebani stanno perquisendo tutte le case accanto alla sua e che è molto spaventato. La routine della guerra è straziante, ho il cuore spezzato dalle notizie che arrivano dall’Afghanistan.
La cosa che stava per strapparmi le lacrime che non ho ancora versato da quando è morto mio padre è che questo amico afghano mi ha chiesto: “Che cosa posso fare per te?” Capite? C’è della gente in Afghanistan che non sa se sarà viva domani che mi offre il suo aiuto. Questo per me vuol dire essere umani. Stare nel mezzo di una guerra e preoccuparsi per qualcun altro.
A bordo della ResQ in questo momento ci sono 166 persone. Immagino che anche oggi chiederete un porto sicuro in cui sbarcare. Fate questa richiesta tutti i giorni o semplicemente continuate ad aspettare?
Facciamo dei follow-up per verificare se ci sono notizie ma per ora continuiamo ad aspettare. In mezzo al mare in questi giorni è un delirio. Abbiamo ricevuto continue segnalazioni di altre barche in difficoltà, abbiamo fatto continui avvistamenti di barchini abbandonati e visto davanti ai nostri occhi un’intercettazione della guardia costiera libica. C’è veramente bisogno, non solo di far sbarcare queste persone, ma anche di tornare in mare il prima possibile. Se qualcuno avesse voglia di aiutarci sul sito di ResQ – People Saving People può trovare tutti i modi per sostenerci.