Il venerdì di questo Primavera Sound Festival 2017 non si presentava come un solito venerdì dell’appuntamento musicale di Barcellona. Doveva esserlo, ma non lo era: da quando, un paio di settimane fa, è arrivata la notizia della cancellazione del concerto dell’afroamericano Frank Ocean, il nome più importante di quelli previsti proprio per la seconda serata di concerti al Parc del Forum della capitale catalana.
Ocean, considerato da molti uno dei musicisti più innovativi e ispirati degli ultimi anni, è anche noto per essere un personaggio fuori dagli schemi e certamente non facile. Dunque non è stato proprio un fulmine a ciel sereno l’annullamento del suo concerto. “Ritardi nella produzione”, è stata la giustificazione addotta dal musicista (che ha comunque rinunciato a un ricco cachet). Ma per gli organizzatori del Festival dev’essere stata una gran brutta sorpresa: abbiamo detto, e lo diremo ancora, come la grandezza del Primavera Sound risieda soprattutto nella sua capacità di offrire al pubblico una grande varietà di proposte in contemporanea tra cui scegliere, riuscendo così ad accontentare molti palati musicali diversi. Ma un grande nome di richiamo serve anche a questo Festival.
Insieme con la comunicazione della cancellazione del live di Frank Ocean, è arrivata anche la conseguente disponibilità dell’organizzazione a restituire i soldi spesi per i biglietti di quella serata, a chi ne avesse fatto richiesta. Possibilità chiaramente interessante solo per chi non avesse programmato una trasferta per arrivare a Barcellona da qualche altra parte del mondo.
Sta di fatto che, in un modo o nell’altro, l’area del Parc del Forum era strapiena anche ieri sera, anzi, ancora più del giorno precedente. E che alla fine della nottata di musica, abbiamo potuto concludere che il Festival aveva dimostrato ancora una volta la sua grande forza, la sua vera sostanza, reggendo benissimo anche a un imprevisto pesante come questo.
Tra le cose che ci hanno divertito e colpito, ieri, c’è stata sicuramente l’esibizione, davanti a una foltissima platea, non solo di italiani, del sardo Jacopo Incani, che incide con il nome di IOSONOUNCANE. La sua è una musica insieme melodica e sperimentale, in cui l’elettronica serve anche a proporre loop che riportano echi della musica tradizionale sarda, in cui i ricordi di una vita agricola diventano poesie accompagnate da ritmi sincopati e musiche spesso un po’ dissonanti. Visto dal vivo ha dimostrato, come forse già sospettavamo, di essere un prodotto decisamente internazionale, forse addirittura più adatto a un pubblico evoluto e sofisticato come quello del Primavera, rispetto a certe platee nostrane. Bravo.
Ci interrogavamo due giorni fa sulla possibilità di vedere la giappo-nuiorchese Mitski, o se propendere per il gruppo afro-londinese Sinkane. Come sempre abbiamo poi deciso di vedere spezzoni di entrambi i live, segnando alla fine del figurato match una netta superiorità di Sinkane: gli arrangiamenti caldi e coinvolgenti, lo splendore della voce della lead vocalist della band, hanno conquistato il pubblico del Festival, e anche noi. Mitski a dir il vero è stata un po’ penalizzata da suoni decisamente non impeccabili, ma in concerto è sembrata più monodimensionale, ripetitiva, di quanto non suoni da disco. Da rivedere alla prossima occasione.
Chi ha finito per fare un po’ la figura dell’headliner non dichiarato è stato Sampha: inglese, nero, noto come collaboratore di gente come Solange o Kanye West, ha pubblicato quest’anno il suo primo album “Process”, che, trainato da un grande singolo come “No one knows me like the piano”, ha raccolto molto interesse da parte del pubblico. E anche ieri sera l’interesse è stato dimostrato, con una platea totalmente imballata per il suo concerto, con cui si è confermato un artista di grande classe.
Di grandissimo impatto, sonoro e anche emotivo, è stato il live degli scozzesi Arab Strap. Una band praticamente in pensione da un po’, con i due fondatori Aidam Moffatt e Malcom Middleton impegnati in percorsi separati, e che però negli ultimi anni non si sono rifiutati di apparire ancora insieme sul palco, per qualche concerto. E vederli ieri non è stato semplicemente un momento nostalgico: gli Arab Strap sono una band ancora decisamente attuale, contemporanea. Da cui molti gruppi nati successivamente hanno imparato tante, tante cose.
Il live dell’americano Mac De Marco, da poco uscito con il suo nuovo album “This old dog”, è stato allegro e divertente, leggero e spensierato. Forse non è abbastanza però per giustificare la sua seconda presenza in cartellone nel giro di tre anni, soprattutto per chi, come chi scrive, non sopporta il fatto che il buon Mac e i suoi compagni di gruppo debbano per forza improvvisare gag non sempre irresistibili tra un pezzo e l’altro.
I The XX, un altro dei nomi trainanti del programma del venerdì “primaverile”, hanno proposto un live forse meno trascinante, energico, di quanto ci si potesse aspettare. Anche in questo caso, dei volumi non proprio potentissimi, hanno penalizzato canzoni che vivono di dinamiche, di (molto) piano e di (a volte) forte: in una sconfinata arena all’aperto è chiaramente difficile apprezzare al meglio arrangiamenti di questo genere.
Molto meglio affidarsi a chi, come i rapper americani Run The Jewels, salgono sul palco in quinta e non scalano mai la marcia fino a fine concerto, riuscendo però a non suonare mai ridondanti o noiosi, per la capacità di trasmettere un’urgenza, una straordinaria voglia di essere lì in quel momento, a recitare quelle rime su quelle aggressive basi.
Manca solo l’ultima giornata, a questo punto. Che avrà il suo apice con il live degli Arcade Fire, per nulla depotenziato dalla loro apparizione a sorpresa di giovedì sera. Peraltro, anche ieri sera c’è stata una sorpresa, a cui chi scrive non ha però assistito: sono arrivati infatti fuori programma i Mogwai, che con un live inaspettato hanno presentato in anteprima il nuovo disco “Every Country’s Sun”. Chissà se gli organizzatori del Primavera Sound hanno in serbo qualcosa per noi anche questa sera. Ve lo racconteremo…