Antonio La Torre, allenatore federale di atletica, uno dei massimi esperti di marcia in Italia e nel mondo, commenta la sentenza della Tas che ha condannato Alex Schwazer a una squalifica di otto anni; per lui è la cronaca di una condanna annunciata. “Non avevo illusioni sull’esito del processo. E’ vero che il Tas ha ascoltato gli argomenti di Schwazer e del suo allenatore Sandro Donati, ma io ho l’impressione che abbia solo preso tempo in attesa di emanare una sentenza di condanna già decisa. La mia idea – prosegue La Torre – è che la presenza durante l’udienza del Tas di Thomas Capdevielle, l’antidoping senior manager della Federazione internazionale, fosse il segnale che, in qualche modo, la decisione fosse già presa”.
La tesi di Antonio La Torre è molto semplice: la Federazione Internazionale d’Atletica Leggera è un’organizzazione già molto screditata e accettare il ricorso di Schwazer avrebbe voluto dire perdere ulteriormente credibilità. C’è stato accanimento contro il marciatore altoatesino. L’IAAF si è accanita contro di lui più di quanto abbia fatto con la Russia per il caso del doping di stato che ha escluso gli atleti russi dai Giochi Olimpici di Rio.
Ascolta qui l’intervento di Antonio La Torre a Podi Podi, la trasmissione di Radio Popolare sulle Olimpiadi
Anche secondo Eugenio Capodacqua, giornalista sportivo, esperto di doping, la sentenza di condanna era prevedibile, anche se non scontata. E la squalifica arriva grazie a una storia oscura (l’unico test positivo nella scorso gennaio sulle decine di test fatti su Alex Schwazer) che ha coinvolto un atleta che aveva fatto dell’anti doping la sua nuova bandiera. “Il nuovo corso di Alex rapprsentava una vera e propria rivoluzione per un sistema corrotto. Una rivoluzione perché dimostrava che si potevano fare prestazione di vertice anche senza l’aiuto di sostanze dopanti”.
Ascolta l’intervista a Eugenio Capodacqua