La verità sul caso Regeni non è più vicina dopo l’intervista del presidente egiziano Al Sisi al quotidiano La Repubblica.
Le sue assicurazioni sono apparse poco convincenti, il tono più improntato alla realpolitik, l’eloquio pieno di messaggi trasversali al governo italiano.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, l’associazione per i diritti umani che ha lanciato la campagna per la verità sulla morte di Giulio Regeni, commenta le dichiarazioni del presidente egiziano.
“Mi sembra che Al Sisi abbia utilizzato l’intervista per promuovere il suo ruolo di stabilizzatore, di persona indispensabile per evitare il caos in Egitto. Ha voluto presentarsi come un capo di governo di cui fidarsi e questo credo che non ci porti più vicini alla verità sul caso di Giulio Regeni”.
Secondo lei, Al Sisi ha accettato di parlare perché la campagna per Regeni sta avendo seguito in Italia?
“Penso che la campagna abbia avuto effetto, così come l’ha avuta la risoluzione del parlamento europeo. Però questo è solo l’inizio. A questo proposito devo dire che ho visto troppo entusiasmo in alcuni ambienti italiani dopo l’intervista ad Al Sisi, un entusiamo precoce ed eccessivo. Nell’intervista non ha voluto toccare il tema dei diritti umani violati in Egitto. Anzi. Su questo, il presidente egiziano ha creato una vera e propria cortina fumogena. E poi, lo ha fatto anche sul caso Regeni, parlando di un episodio isolato, avvenuto ai danni delle relazioni Italia-Egitto. Insomma, credo che ci sia stata un’apertura di credito eccessiva nei suoi confronti”.
Si riferisce ai commenti di Matteo Renzi?
“Si. È evidente che, secondo me, Renzi si sia mostrato troppo ottimista. Ha parlato di una collaborazione tra le autorità dei due Paesi che a mio giudizio è ancora tutta da dimostrare. L’entusiasmo di Renzi fa entrare l’Italia in una fase in cui il nostro Paese chiede verità e giustizia e tende a fidarsi del soggetto a cui chiede verità e giustizia”.
Dobbiamo essere pessimisti?
“Non per forza. Continuo a pensare che la verità possa emergere se la magistratura italiana sarà aiutata. Ritengo però che queste aperture di credito ad Al Sisi rischiano di inficiare questi sforzi. Queste aperture di credito potrebbero aprire la strada all’accontentarsi di una verità di comodo, abbandonando la strada della verità”.