
Il Governo italiano deve ancora delle risposte sul Caso Paragon.
Basta mettere in fila i fatti per evidenziare le incongruenze. Il 6 febbraio, il quotidiano britannico Guardian ha scritto che la società israeliana aveva rescisso i contratti con l’Italia a causa delle violazioni delle norme d’uso. L’articolo era uscito poco dopo la notizia che oltre a quelli di alcuni attivisti per i diritti dei migranti, fosse stato messo sotto controllo anche il cellulare di Francesco Cancellato, direttore di FanPage – la testata che ha realizzato – tra l’altro – l’inchiesta sui giovani di Fratelli d’Italia.
Paragon Solutions vende i suoi spyware solo a governi o agenzie governative di paesi democratici e possono essere usati solo per inchieste per reati importanti come terrorismo. Nessuna fonte governativa smentisce l’articolo del Guardian. Il 12 febbraio, una settimana dopo, il ministro Ciriani va alla Camera e afferma che i contratti con Paragon sono in funzione e che i servizi di intelligence non hanno spiato alcun giornalista. Il 13 febbraio, il giorno dopo, Radio Popolare intervista Stephanie Kirchghessner, la giornalista del Guardian che ha fatto esplodere il caso Paragon la quale conferma ciò che ha scritto: i contratti sono stati rescissi, contraddicendo così la versione del ministro Ciriani.
Nella serata del 14 febbraio, l’Ansa dirama una nota, una velina dell’intelligence, secondo cui è stato deciso insieme alla Paragon Solutions di sospendere l’utilizzo degli spyware. Nella nota non c’è la parola contratti e non specifica da quando sia stato sospeso l’utilizzo. Da quel giorno o da prima? La nota rimane sul vago.
Il governo deve chiarire anche questo aspetto. Il governo deve ancora dire quale forza di polizia ha avuto in uso lo spyware. Matteo Renzi ed Enrico Borghi, Italia Viva hanno chiesto alla polizia penitenziaria del perché non abbia ancora smentito di averlo avuto in dotazione. La polizia penitenziaria dipende dal DAP, i cui responsabili politici sono il sottosegretario Andrea Delmastro, Fratelli d’Italia, uomo molto vicino a Giorgia Meloni, e in ultima istanza il ministro Nordio.