Jean-Pierre e Luc Dardenne tornano sulla Croisette. Dopo due Palme d’Oro per Rosetta (1999) e L’enfant (2005), Gran Prix della giuria e varie palme per gli attori, a due anni da Due giorni, una notte eccoli ancora in gara con La fille inconnue. Si potrebbe dire un film di genere in un contesto socialmente debole, anche se i Derdenne ci mettono sempre dell’altro e non amano la definizione “di genere” per i loro film. Tutto si svolge nella banlieue di Liegi, Belgio, la periferia di un Paese di cui si è parlato molto negli ultimi mesi per il legame con gli attentati terroristici di Parigi.
Un giorno viene ritrovato il cadavere di un donna africana, senza identità e si scopre che prima di morire la donna aveva suonato al citofono dello studio medico in cui vive e lavora la dottoressa Jenny (Adèle Haenel). Riservata e pratica, dopo aver visto il volto della vittima nelle immagini registrate dalle telecamere a circuito chiuso, Jenny va alla ricerca del nome della sconosciuta. Interroga i pazienti mentre li visita, frequenta le zone degli stranieri, scopre dettagli inquietanti.
I Dardenne si concentrano soprattutto nella costruzione della figura della protagonista, come accaduto negli ultimi film da Lorna in avanti, quasi uno studio dedicato alle attrici, ai loro stati d’animo. Una svolta interessante dal punto di vista psicologico, ma che rischia di lasciare un po’ in disparte la storia e tutto il resto. Anche i ritratti fortemente sociali che i fratelli Dardenne ci avevano insegnato a conoscere.
Anche l’unico film brasiliano in concorso gira intorno a una figura femminile, in una edizione del festival che sta mostrando molti ritratti interessanti di donne. La protagonista di Aquarius di Kleber Mendonça Filho è Sonia Braga, celebre anche in Italia per le telenovas passate negli anni ’80 sulle tv commerciali. Una grande attrice Sonia Braga, molto amata in Brasile e già in zona palmares. Un film sulla resistenza e la tenacia di una sessantenne nel tenersi stretta la propria casa minacciata da un’agenzia immobiliare che vorrebbe comprarla. L’Aquarius è il complesso di edifici costruito negli anni ’40 di cui Clara è rimasta l’ultima inquilina. Nella sua casa c’è la sua vita, i suoi ricordi, legati al marito e ai figli. Oltre alla sua passione musicale, diventata una professione. Un pretesto per raccontare il Brasile di ieri e di oggi, che mai come in questi giorno sta attraversando un periodo complicato politicamente. Per questo la delegazione di Aquarius ha calcato il tappeto rosso con dei cartelli in difesa della democrazia.
Alla Quinzaine des Réalisateurs è passato un altro film italiano. È Fiore di Claudio Giovannesi (Alì ha gli occhi azzurri), girato all’interno di un carcere con un progetto quasi documentaristico che vede coinvolti alcuni detenuti. I due ragazzi protagonisti, Dafne e Josh, escono da lì e le loro storie sono fedeli alla realtà. La sceneggiatura del film è stata scritta prendendo spunto dalla quotidianità e le regole del carcere, studiati stando molto tempo lì dentro. Soprattutto intorno alla divisone tra settori maschili e femminili per poter raccontare la travagliata storia d’amore, quasi impossibile tra i due ragazzi e la costante ricerca d’amore. Valerio Mastandrea è il padre di Dafne, anche lui con un passato in carcere è agli arresti domiciliari e non riesce a occuparsi della figlia.