Il 90 per cento delle candidature Pd nei posti considerati sicuri, tra uninominale e proporzionale, sono andati a renziani e alla maggioranza che lo sostiene.
Altri altri, le briciole. Nonostante al congresso Renzi avesse ottenuto poco meno del 70 per cento.
E’ uno stravolgimento rispetto agli equilibri parlamentari della legislatura che si è appena conclusa, dove nel gruppo del Partito Democratico i renziani erano una minoranza.
Il Pd è di fatto diventato il Pdr, il Partito di Renzi.
Dopo il voto, il segretario sarà libero di fare quello che vorrà. Non avrà più ostacoli.
Le minoranze interne sono ridotte all’irrilevanza. A questo punto, che rimangano nel partito o che se ne vadano, poco cambia. Le conseguenze già si vedono. Gianni Cuperlo ha rinunciato a essere candidato all’uninominale.
Che vinca o che perda le elezioni, potrà mettere sul tavolo la sua nutrita rappresentanza parlamentare, nello scenario, ad esempio, di una grande coalizione con Berlusconi e con i centristi, parte dei quali stanno già oggi con lui.
Renzi, dal 5 marzo, potrà fare il battitore libero. Potrà provare a realizzare il sogno di giocare la parte del Macron italiano.
Il presidente della Repubblica francese lasciò il Partito Socialista per fondare un suo movimento, En Marche, con cui ha dato la scalata al potere, distruggendo il Ps che si è ridotto a percentuali miserabili.
Renzi sceglie un’altra strada, quella di prendersi tutto il Pd lasciando agli avversari interni le briciole e togliendo loro qualsiasi potere di interdizione.
Non solo i non renziani sono stati puniti. C’è ad esempio il caso Milano. Il capoluogo lombardo è oggi il più importante esempio di buona amministrazione di centrosinistra in Italia. Il Partito Democratico milanese ha una maggioranza renziana che ha dimostrato una autonomia politica. Il sindaco, Beppe Sala, nei giorni scorsi in alcune interviste non ha risparmiato toni di critica costruttiva verso Renzi.
Dopo la notte delle candidature, anche a Milano sono stati premiati i renziani doc.
Lia Quartapelle, renziana e al tempo stesso vicina al sindaco, nonché al segretario cittadino del partito, Pietro Bussolati è stata candidata alla Camera solo dopo che nel partito ci sono state forti proteste per la sua iniziale esclusione. Gli veniva preferito Mattia Mor, imprenditore, famoso per avere organizzato una campagna mediatica di carattere motivazionale a favore della città. Alla fine, Maurizio Martina, vicesegretario del partito, le ha lasciato il posto nel collegio uninominale di Milano 2 per la Camera. Martina sarà capolista al proporzionale a Bergamo, la sua città.
Non c’è Emma Bonino, il personaggio di maggior caratura in assoluto della coalizione di centrosinistra e quello con la più grande popolarità dopo il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. C’è il vicesegretario Maurizio Martina. E c’è Tommaso Cerno, vicedirettore di Repubblica, paracadutato da Roma, per un collegio al Senato