Mentre il Papa sarà nella Repubblica Centrafricana, L’Africa compirà un importante passo verso la democrazia. In Burkina Faso si svolgerà l’ultimo atto della transizione, cioè il processo iniziato con il rovesciamento e la fuga di Blaise Compaorè, che era stato al potere 27 anni, ed era passato da due colpi di stato.
Circa cinque milioni e mezzo di burkinabè sono chiamati alle urne per eleggere il presidente della Repubblica e 127 deputati che sostituiranno le attuali autorità ad interim.
Sono quattordici i candidati alla massima carica dello stato per la quale non hanno potuto concorrere né i rappresentanti delle attuali autorità provvisorie, a cominciare dal presidente Michel Kafando, e nemmeno gli ex fedelissimi di Compaorè. Questi ultimi sono stati esclusi sulla base di una controversa norma, votata durante la transizione che ha probabilmente motivato i due colpi di stato, che dichiara incandidabile chiunque abbia sostenuto il progetto di riforma costituzionale voluto dall’ex presidente per garantirsi un nuovo mandato. Insomma il tentativi era di fare rientrare il regime dalla finestra dopo aver fatto uscire Blaise Compaorè dalla porta.
La sfida sembra essere soprattutto tra due ex funzionari del governo, passati però all’opposizione negli anni scorsi: Roch Marc Christian Kaborè, ex presidente dell’Assemblea Nazionale, e Zephhirin Diabrè, ex ministro dell’economia.
Tra gli altri candidati, senza probabilmente alcuna speranza, c’è Benewende Sankarà che con l’ex presidente deposto e ucciso ha in comune solo il nome e che però si ispira al sankarismo. E poi ci sono due donne: Saran Sèrè Sèrèmè, anche lei passata all’opposizione nel 2012, e l’indipendente Francoise Toè.
Al di là dell’esito del voto però è un successo il fatto che si voti. I giovani che oltre un anno fa scesero in piazza (e ci lasciarono qualche morto) per arrivare alla giornata di oggi hanno ottenuto la loro vittoria.