Muhammadu Buhari, neo presidente della Nigeria, eletto nelle ultime presidenziali del maggio scorso, aveva promesso di sgominare la setta Boko Haram entro la fine del 2015. Mancano venti giorni e Boko Haram, dall’inizio di novembre ad oggi, ha messo a segno una serie di sanguinosi attentati a Maidugori, capitale dello stato nord orientale della Nigeria, ma anche oltre frontiera, in Camerun.
Che la guerra contro i terroristi di Boko Haram non terminerà presto sono ormai convinti anche analisti e militari nigeriani. La Nigeria è la nazione più popolosa del continente e la principale economia africana per prodotto interno lordo. Boko Haram è una spina nel fianco e la mancata promessa di Muhammadu Buhari rischia di avere conseguenze anche psicologiche, oltre che, naturalmente, politiche.
A fianco di questo fallimento c’è il fatto che la forza militare congiunta promessa da Niger, Camerun, Ciad e Benin per affiancare l’esercito nigeriano nel contrasto ai terroristi non riesce a decollare. Tuttavia sono innegabili i successi compiuti dal l’esercito nigeriano negli ultimi mesi, che ha portato a un notevole innalzamento del morale dei soldati, tra l’altro meglio equipaggiati e armati rispetto a quanto avveniva durante la presidenza di Goodluck Jonathan.
Nelle ultime settimane l’esercito nigeriano ha strappato a Boko Haram territorio. Quel territorio dal quale il suo sanguinario leader Abubakar Shekau aveva annunciato la nascita del Califfato. Le operazioni militari nigeriane hanno anche liberato decine di ostaggi e arrestato diversi sospetti appartenenti a Boko Haram.
La più recente operazione messa a segno dagli uomini dell’intelligence nigeriana ha portato all’arresto di dodici persone che facevano parte di alcune ‘cellule dormienti’ pronte ad attacchi kamikaze ad Abuja, la capitale del Paese.
Dal 2009 a oggi, ovvero dall’anno in cui si è inasprita la lotta di Boko Haram, i morti di questa guerra, secondo le stime più prudenti, sono di almeno 17mila.