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Bosnia Erzegovina tra il presente e un passato tragico: l’acqua a Sarajevo

Bosnia Erzegovina Sarajevo

Il rumore delle cascate al parco nazionale dell’Una sovrasta tutto. Siamo nella parte ovest della Bosnia Erzegovina. Venire qui significa essere circondati dall’acqua, e non è un’eccezione: viaggiando per il Paese, ci si stupisce dell’abbondanza di fiumi soprattutto perché altrove l’acqua è una risorsa rara. Proprio sull’acqua si giocano oggi alcune delle più importanti sfide per tutto il Paese.

Anche a Sarajevo l’acqua accompagna la vita della città. Nel cuore del centro storico il punto di ritrovo di bambini, famiglie e anziani è una fontana. Si chiama Sebilj. È alta e ben visibile, esiste dalla metà del 1700 e la leggenda dice che chi beve la sua acqua poi tornerà certamente in città. Altre fontane simili a Sebilj si trovano nelle moschee di Sarajevo, usate dai fedeli per purificare il corpo prima della preghiera.

C’è poi l’acqua del fiume Miljaca. Affianca la città da sempre e assiste silenziosamente agli eventi che la attraversano. Nel 1914, ad esempio, a pochi passi dall’acqua venne ucciso l’arciduca Francesco Ferdinando. L’evento diede inizio alla I guerra mondiale. O ancora, sull’acqua del fiume si affaccia la biblioteca nazionale, un edificio-simbolo della guerra degli anni Novanta. Lì nel 1992 gli aggressori bruciarono più di un milione di libri per cancellare la ricchezza culturale e letteraria della città.

Ma l’acqua non riguarda solo il passato, anzi, riguarderà sempre più il futuro. Ce lo racconta in particolare Alma Midzic, attivista e studiosa, impegnata a Sarajevo per la difesa dei beni pubblici. I fiumi sono in pericolo, ci spiega, perché in Bosnia vengono costruite sempre più centrali idroelettriche. Le aziende private hanno ricevuto incentivi dal governo per investire in questa attività, in nome di una transizione verso le energie rinnovabili. Avere energia verde, sottolinea Alma, non è di per sé una cosa negativa. Il problema è che lo sfruttamento dell’acqua è diventato un vero e proprio business con meccanismi non trasparenti, spesso corrotti. I fiumi, vengono via via privatizzati.

Noi abbiamo una legge per la protezione dei fiumi, stabilisce che non tutti i corsi d’acqua possano essere usati per produrre energia. Bisognerebbe controllare quali ecosistemi sono presenti e fare le opportune valutazioni. Ma chi costruisce le centrali spesso non rispetta queste regole. Te ne accorgi quando vai sul campo e vedi piccoli fiumi che sono stati danneggiati. Tutto per la fame di profitto.

Contro il business dell’acqua c’è un’opposizione dal basso. Alma fa parte del Movimento per la difesa dei fiumi. Gli attivisti sono riusciti a evitare la costruzione di alcune centrali. Il Movimento si occupa d ambiente, sì, ma le sua attività hanno anche un risvolto di cura più profondo, che riporta alla guerra degli anni Novanta. Alle sue attività infatti partecipano persone di tutte le identità del Paese. Concentrarsi sulle sfide comuni sembra una strada per una possibile riconciliazione.

I problemi che affrontiamo quotidianamente, come quello dei fiumi, in Bosnia sono comuni a tutti e sappiamo che non possono essere risolti all’interno di un solo gruppo etnico. Quando le persone accettano di riunirsi attorno a queste sfide, iniziano a lavorare insieme e a condividere esperienze. Ci si ritrova a parlare di argomenti che in altri contesti sarebbero vietati. Si scopre che la narrativa per cui gli altri sono sempre nemici è falsa. C’è la novità di agire insieme per qualcosa di nuovo, che ha un impatto positivo sulla vita di tutti.

Mentre Alma parla, arriviamo in un punto panoramico da cui si vede tutta Sarajevo. Lei guarda la città e traccia una geografia nascosta, fatta di edifici abusivi, grattacieli che stonano con il panorama e fabbriche dismesse. Alma è ben consapevole di tutto ciò che non va in questa città, eppure rimane. La sua voce rappresenta la Sarajevo che non si arrende e prova ogni giorno a costruire il futuro.

Di acqua continueremo a parlare anche nel prossimo episodio di questo reportage sulla Bosnia Erzegovina. Saremo a Mostar, cittadina che è stata un simbolo durante la guerra degli anni Novanta. Spaccata in due proprio da un fiume. Città divisa durante il conflitto, città divisa anche oggi.

Il reportage di Chiara Vitali per Esteri. Potete recuperare la prima puntata a questo indirizzo.

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