Nei giorni che ci hanno restituito lo strazio dei genitori di Chiara Gualzetti, neanche sedici anni, uccisa da un coetaneo, e in cui si cerca ancora il povero corpo di Saman Abbas e l’Interpol si è attivata per arrestare i genitori ovunque siano (e il ruolo della madre, in questa ed altre vicende simili, mi appare uno dei nodi più dolorosi e problematici), nella settimana che vede la Turchia uscire dalla Convenzione di Instanbul e le proteste delle donne qui e lì, sulla casella di posta arriva una mail che parla di sodi. Di tanti soldi.
Mittente è l’Eige, l’European Institute for Gender Equality, che dopo aver documentato in un apposito rapporto l’aumento della violenza nelle relazioni intime durante la pandemia di Covid19, adesso ci offre un numero, pesante, sul quale riflettere. Il costo della violenza di genere, calcola l’istituto, in tutta l’Unione è di 366 miliardi di euro all’anno. La violenza contro le donne rappresenta il 79% di questo costo ed è dunque pari a 289 miliardi di euro. Ancora, nota l’Eige, la violenza esercitata del partner, cresciuta durante la pandemia di Covid-19, rappresenta quasi la metà (48%, 174 miliardi di euro) del costo complessivo della violenza di genere e la violenza dei partner contro le donne rappresenta l’87 % di questa somma (151 miliardi di euro).
Ricordate la polemica seguita all’articolo del Sole 24 ore che si avventurava in una tanto sbagliata quanto spericolata equiparazione tra femminicidi e omicidi di uomini? Aveva provocato dure reazioni e rettifiche anche all’interno del quotidiano – ne racconta qui l’articolo dal sito di Giulia – e, ce ne fosse bisogno, viene ora smentito anche dalla forza inequivoca di questi numeri. E se, come dice Carlien Scheele che dirige l’Eige , ‘la vita umana, il dolore e la sofferenza non hanno prezzo’ è importante conoscere quanto, come e dove si spende e quanto si perde a motivo della violenza per indirizzare meglio i fondi – troppo pochi sottolinea il rapporto – e tutelare maggiormente le vittime. Solo lo 0,4% di questo denaro per esempio viene investito in servizi come i rifugi per le vittime di violenza: non basta, perché, ancora Scheele, prevenzione e tutela rispondono non solo ad un ‘imperativo morale’, ma anche ai dettami di un’economia intelligente, nel senso che diminuire il tasso di violenza ha come effetti non disperdere le energie umane e professionali delle vittime, ma ha anche far risparmiare alle casse pubbliche cifre ingenti. Ed ecco il dettaglio dello studio, realizzato su dati inglesi provenienti da servizi pubblici come dalle forze dell’ordine e dal settore della giustizia: il costo maggiore deriva dall’impatto fisico ed emotivo (56 %) sulle vittime, seguito dal peso economico della giustizia penale (21 %) e dalla perdita di produzione economica (14 %), intendendo con questo ultima voce, per esempio, le assenze dal lavoro. Altre voci riguardano il costo della giustizia civile (separazioni, divorzi e procedimenti di affidamento dei figli), l’aiuto abitativo e la protezione dei minori, vittime di violenza assistita. Ascolteranno i governi le ragioni del portafoglio più di quelle morali? Seguiranno, come caldamente raccomanda l’Eige e detta la Convenzione di Instabul, l’esempio inglese e raccoglieranno molti più dati di quanto oggi non facciano? La risposta è affidata al futuro, ma di certo avere una radiografia dei costi serve a conferire un’ulteriore dimensione all’impatto devastante e complesso che la violenza di genere ha sulla vita di chi la subisce.