Se vogliamo la pace facciam ciascuno qualcosa. Nei cuori si depongono le armi, nei gesti si mutano abitudini e modi di pensare, nel far noi la prima mossa senz’aspettar l’altro s’attinge allo spirito della vita, all’umano. Utopia? Forse. Temo però rimanga poc’altro. Potrebbe anzi essere la nostra forza immaginare un “non luogo” in cui, utilizzando le macerie del ‘900 e d’un Millennio dagli inizi disastrosi, si cerchi di metter insieme pezzi di memoria, ipotesi di futuro, sogni. Frustra l’indugio in aspettative tipo: gli sceicchi garantiscano la transizione ecologica, oltre ai bilanci del calcio; Netanyahu e Putin fermino le armi (ma gli garantiscono l’immunità!); gli Ayatollah liberino le donne (dovrebbero diventar uomini, non fanatici); Gutierrez non sia voce nel deserto Onu; i terroristi cessino stragi, sequestri, stupri (ma la disumanità è moneta di scambio per chi li finanzia e aspetta i loro delitti per giustificare i suoi); La Russa si ritiri a Paternò col busto di Mussolini, Salvini s’iscriva a un corso di recupero e impari un mestiere, gli Agnelli da Londra e Olanda riportino a Torino il frutto di oltre 200 miliardi che l’Italia ha dato (Meloni era in Serbia all’annuncio della Panda elettrica fatta là: udito nulla?). «Per sapere come va il mondo ascoltate la voce dei poeti» diceva Turoldo. Lui aveva fatto la Resistenza, sostenuto l’utopia di Nomadelfia (fare del lager di Fossoli “il luogo dove la fraternità è legge”), patito l’esilio, creduto al Concilio. Quando negli Anni 80 Milano fu “La città da bere” invitò a Tornare ai giorni del rischio, spirito, regole, idee: «Torniamo a sperare / come primavera torna / ogni anno a fiorire». La traccia è Dante: si scende all’Inferno (nelle peggiori bolge ci siam già); si passa per il Purgatorio (ci si purifica da pesti e contagi; Meloni non può più far finta d’esser nata senza peccato originale RSI, dar colpa a Draghi, sinistre, i venuti prima); espiate le colpe si prospetta il Paradiso. Questo in Dante ha straordinarie immagini arte e cultura del tempo. Per noi ora è già Paradiso l’utopia in cui l’uomo riconosce il vicino altro da sé, gli parla. Se lo vede solo come nemico deve sapere che a distruggerlo non riesce e mentre ci prova annienta sé stesso.
Utopia necessaria
-
Marco Garzonio
Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.