I giorni dell'Ira

Un nuovo giorno dell‘Ira: Marte a Venezia

Dopo una lunga pausa, in cui questo blog-tamagotchi ha rischiato di scomparire, riparto da alcune vedute veneziane.

Cosa c’è di meglio di un week end a Venezia per tastare il polso al mondo post-pandemico? Dopo i mesi fantascientifici della Serenissima orfana di visitatori, in cui tutti abbiamo capito come doveva essere Venezia prima delle grandi navi e ci siamo ipocritamente augurati che restasse per sempre bella e impossibile, adesso gli autoctoni hanno iniziato ad ammettere sommessamente che “no tourists, no party.” Ho udito personalmente una signora sintetizzare al suo compagno di passeggio, mentre attraversava un ponte a Cannaregio: “Meno mal che i turisti xe tornà… e poi non xe quel turismo becero, i xe ancora civili…”

Mi sono trattenuta. Non l’ho apostrofata per dirle che forse non aveva ancora fatto il percorso netto del “marziano a Venezia”, quello che si snoda immancabile, come una parata di armigeri in infradito e cappello da gondoliere, da S.Lucia o Piazzale Roma, passando per Rialto, fino a San Marco, lungo la Strada Nova, quella specie di Route 66 della laguna che almeno una volta nella vita ogni turista deve percorrere.

Il caffè-torrefazione Goppion, vicino a Rialto, è un eccellente punto d’osservazione, anche perché per ottimizzare la consumazione veneziana, di solito ci resto seduta per mezza mattinata. Parto dal velocissimo cameriere, di cui nessuno riesce a indovinare la nazionalità, dato che ormai parla come Pantalone (anche se non paga). Alla fine, con una risata sardonica, dopo che i clienti si sono lanciati in ipotesi spericolate, annuncia di essere egiziano. Poi, con la saggezza benevola di un guru, invita tre giovani clienti italiane un po’ spitinfie a riscoprire la pazienza come regola di vita.

Dentro il caffè c’è un altro personaggio inedito: Ester è una inglese naturalizzata lagunare. Sento l’accento e comincio a parlarle, appunto, in inglese. Voglio comprare del caffè macinato ed Ester mi chiede che tipo di macchina ho a casa. Rispondo piccata che ho la moka, che diamine, siamo in Italia. Poi mi accorgo che, avendo io linguisticamente strafatto, Ester ha tutte le ragioni per pensarmi straniera. A volte, penso che stavo meglio quando stavo peggio, ossia quando non sapevo niente.

Comunque, anche da Goppion sono segretamente commossi di rivedere i nord-europei che pasteggiano alle tre e mezzo di pomeriggio con spaghetti allo scoglio e cappuccino, e anche le commesse delle boutique sembrano meno sprezzanti quando le neoricche signore russe comprano interi stand di abiti di D&G dietro Ca’ Giustiniani. I gondolieri, invece, lavoricchiano. Ne sorprendo uno che sembra un messicano durante la siesta, appisolato sotto il cappello e appoggiato a un cartello che dice “gondola.com”, in una struggente distonia fra ieri e oggi.

E i turisti italiani? Pochi e un po’ incazzati, si direbbe. La dimensione microfamiliare sembra pesare, con i padri-ologramma che ignorano i propri bimbi tribunizi e le loro compagne esauste e in fondo deluse dalla gita non proprio romantica.

Meno male che ci sono gli addii al celibato/nubilato! Già, fra le attività che hanno subito un fermo, ho scoperto che fra le prime a riprendere ci sono proprio le festicciole un po’ sboccate, che apposite agenzie organizzano con lo sfondo di calli e palazzi storici. Ed ecco che, a due passi dalla storica Biblioteca Querini Stampalia, osservo un ragazzo che, fra lo sghignazzo degli amici, fa decine di flessioni sopra una bambola gonfiabile: una scena che forse avrebbe reso insicuro anche Casanova. Dietro la casa di Goldoni, invece, spunta un manipolo di ragazze dalle T-shirt rosa shocking. Ma solo una di loro porta un piccolo velo bianco in testa. Le amiche la spingono in qua e in là, cantando ritornelli ed emettendo occasionali urletti, con gli spritz d’ordinanza in mano. Osservo meglio e capisco che tutto, drinks  e itinerario compresi, é creativamente pianificato dall’agenzia. Accarezzo per un attimo l’ipotesi di cambiare lavoro.

Sono confusa. Ho bisogno di riflettere. Mi defilo in una piccola calle tranquilla, e raggiungo senza troppo pensarci la Fenice. Mi arriva un suono deciso. Alcuni cantanti stanno provando gli spettacoli della riapertura. Sto a sentire per un po’, a scrocco. Mi tranquillizzo. Sono una persona fortunata.

  • Ira Rubini

    Nata in Belgio, vive a Milano. Studia insieme legge e teatro. A 20 anni inizia a scrivere per la TV e firma oltre 40 trasmissioni, come la diretta della notte degli Oscar in cui vinse Benigni. Come antidoto, scrive teatro (anche con Franca Valeri) e gira il mondo per fare documentari. Insegna teatrologia alla Paolo Grassi e coordina il corso di Sceneggiatura alla Luchino Visconti. La radio è il primo amore: esordisce a Radio Popolare a 14 anni, poi ci torna a condurre il quotidiano culturale. Lavora a RadioRAI e alla Radio Svizzera Italiana. A volte, le piace tornare in scena con l'ensemble Ottavo Richter.

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    1) Il gabinetto di sicurezza israeliano approva l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Fino a domenica, però, le bombe continueranno a cadere. Più di 100 persone sono state uccise nella striscia dall’annuncio dell’accordo. (Anna Momigliano - Haaretz, Francesco Sacchi - Emergency, Anna Meli - Cospe) 2) Fentanyl, Taiwan e Tik Tok. Donald Trump e Xi Jinping parlano al telefono per la prima volta dal 2021. “Risolveremo tutti i problemi insieme” dice Trump, mentre la corte suprema statunitense conferma il bando di TikTok. (Gabriele Battaglia) 3) La Geopolitica dell’AI. Washington cerca di mantenere il suo vantaggio nella battagli per l’intelligenza artificiale. (Marco Schiaffino) 4) La legge di depenalizzazione dell’aborto in Francia compie 50 anni. Il discorso di Simon Veil, pronunciato davanti ad un’Assemblea tutta maschile, fece la storia. 5) Mondialità. La sconfitta della diplomazia e la geopolitica nel frullatore. (Alfredo Somoza)

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    Sessantotto lavoratori e lavoratrici della ristorazione licenziati. Grandi Stazioni Retail ha deciso di non rinnovare il contratto d’affitto con Sarf, la società che da anni gestisce alcuni esercizi commerciali negli spazi della stazione Centrale di Milano. Da qui l’annuncio dei licenziamenti. I sindacati hanno indetto la prima di una serie di giornate di sciopero e oggi hanno fatto un presidio in piazza Duca d’Aosta, vicino all’ingresso della stazione. Abbiamo intervistato Valeria Cardamuro, segretaria della Uiltucs Lombardia.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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