Se ne sono andati, uno dopo l’altra, in questi freddi giorni di gennaio scanditi ancora dai bollettini della pandemia, prima Silvia Tortora, nell’assoluta riservatezza, poi David Sassoli, salutato con un funerale di Stato, dovuto in quanto presidente del Parlamento europeo, ma che nulla ha avuto di formale e molto ha trasmesso a noi che guardavamo.
Entrambi erano giornalisti, entrambi sono stati colti da una morte abbastanza precoce anche se non inattesa e qui, almeno dall’esterno, potrebbero fermarsi le similitudini tra le loro due vite. Se le accostiamo è invece perché, ripensando a come è stato raccontato e a come si è autoraccontato attraverso i social l’addio di chi li ha conosciuti o, semplicemente e da lontano, li ha apprezzati, il segno che resta è che, entrambi, sono stati protagonisti e interpreti di lunghe passioni, al confine tra privato e pubblico, o meglio senza confine tra privato e pubblico. E questo è stato visto, raccolto, apprezzato.
Passioni lunghe: come altro chiamare la coraggiosa, intelligente, inesausta battaglia di Silvia Tortora per suo padre Enzo, prima, ma, anche dopo la conclusione di quella orrenda pagina giudiziaria, per una giustizia che meriti di essere chiamata tale? Una battaglia ancor più valorosa perché condotta in tempi, non finiti, in cui il garantismo non se la passava benissimo e anche a sinistra si accantonavano pensieri e pratiche politiche di grande tradizione, nel dilagare di un populismo penale con il quale facciamo tuttora i conti. Una battaglia condotta in maniera rigorosa, seppur pervasa dall’amarezza di chi vede e denuncia che cambia poco di ciò che è profondamente distorto e che ha lasciato un segno profondo e doloroso nella propria vita.
Passioni lunghe: molto è stato detto e scritto della vita e dell’impegno di David Sassoli, ma è stata sua moglie, coprotagonista di una relazione cominciata al liceo ed evidentemente saldissima, a dirlo benissimo. Noi eravamo il tuo punto fermo – sintetizzo il suo saluto al funerale – ma ti abbiamo sempre diviso e condiviso con gli altri, con il tuo lavoro e con la politica, luoghi in cui avevi deciso di spenderti e tutto è tornato adesso come una grande onda di riconoscimento e affetto. Passioni lunghe: i suoi amori, il giornalismo, l’idea europea come strade da percorrere – per uno che è stato scout la strada ha un significato preciso – strade lunghe, complicate, appassionanti, che chiedono pazienza e determinazione, pur in tempi veloci in cui sembra che la ricetta ‘vincente’ sia l’adeguarsi al cambiamento.
Passioni lunghe per entrambi invece: non è un ossimoro, ma una virtù. Tenere il proprio punto, reggere il proprio filo. Augurarsi di poterlo dire, nel piccolo delle nostre vite.