Oggi, 29 giugno, è il compleanno di Giacomino.
Come, “Giacomino chi?”
Giacomino, quello bravo, il poeta. Quello lì studiato a scuola, da tutti, da sempre… anche se spesso in modo un po’ così… Giacomino, insomma.
Giacomino, che a 12 anni disegnava, anche… e in un modo, pure lì, così magistrale che se magari li andrete a vedere, esposti là nella Casa Museo a Recanati, i suoi disegni, ci restate. E dite “Va be’!”.
Giacomino, che nella sua Biblioteca c’erano otto Commedie Divine e sette Bibbie Sacre, e una di queste presentava in parallelo il testo in sei lingue diverse, tra cui il greco e l’ebraico: che è così, col metodo comparatistico, che lui le ha imparate, queste due lingue… Ah, allora va be’, Giacomino, così è facile. Se uno usa trucchetti e scorciatoie, ‘so bboni tutti.
Giacomino, che non è vero che lui la Teresa/Silvia la spiava silenzioso e basta dai veroni del paterno ostello, tipo stalker/James Stewart ne “La finestra sul cortile”: no, ci parlava, si frequentavano ogni giorno, erano amici, le leggeva le sue cose…
Giacomino, che quando giocava coi fratelli Carlo e Paolina, nelle loro scenette infantili a rifar l’Iliade, voleva fare sempre l’eroe che menava, voleva sempre vincere, lo chiamavano “il prepotente”. Giacomino, che alla Marchesa Volumnia Roberti, parente dei Leopardi ma che lui non sopportava, scrive una lettera fingendo d’essere la Befana, che suona così:
“Carissima signora,
Ho pensato dunque di fermarmi un momento per fare la piscia nel vostro portone, e poi tirare avanti il mio viaggio (…). Perciò vi mando certe bagattelle per cotesti figliuoli, acciocché siano buoni, ma ditegli che se sentirò cattive relazioni di loro, quest’altro anno gli porterò un po’ di merda (…). Frattanto state allegri, e andate tutti dove io vi mando, e restateci finché non torno. Ghiotti, indiscreti, somari scrocconi dal primo fino all’ultimo che non siete altri. FIRMATO: La Befana”. Insomma: Giacomino “hater che bullizza la gente”.
Giacomino, che conseguì un titolo che potrebbe essere l’equivalente del nostro diploma, una scartoffia inutile ma senza la quale non avrebbe potuto iscriversi all’Università; lui però sbriga la pratica a 14 anni, con una dissertazione filosofica davanti a una commissione di gesuiti cui suggerì, finito l’esame, “di ripassare bene il greco, ciucci maledetti, ché avevano lacune gravi”…
Giacomino, che scriveva le parolacce sullo Zibaldone, che usava il congiuntivo “vadi” alla Fantozzi, che nel carteggio col fratello Carlo faceva sapere che “le donne di Roma non la danno”, e alle cui missive Carlo rispondeva lamentando che, da quando il fratello era partito, non c’era più nessuno con cui divertirsi a dir le parolacce: “Non posso più sfogarmi con un linguaggio un poco libero… non posso più buttare giù i cazzi, i porco D. eccetera”.
Giacomino, che ai tempi suoi la “siepe” non era davvero una siepe, ma solo un po’ di alloro e macchia mediterranea, e che sul Monte Tabor adesso c’è un palazzo moderno, tozzo e inguardabile che lo butteresti giù a pugni. Anzi sarà proprio la guida stessa del Museo di Casa Leopardi a dirvelo, serafica “che si dovrebbe far brillare con esplosivo: se ci organizziamo, di notte, e mi aiutate…”, perché non “tanta parte”, ma proprio “tutto tutto… dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”.
Giacomino, che senza Biblioteca, ve lo immaginate?… Ok, il padre Monaldo – dicono le antologie – la costituì a suon di sperperi e scialacquamenti di famiglia; ma fu pure, al tempo stesso, fortunato e sfigatissimo. Arriva Napoleone, che sopprime gli ordini ecclesiastici, nel 1797, pochi mesi prima che nascesse Giacomo? E allora accade che in molte città della zona i frati dei monasteri (luoghi notoriamente pieni di libri preziosi) stanno svendendo tutto pur di recuperare risorse necessarie a ricomprare almeno gli immobili, che altrimenti sarebbero requisiti. Ed è infatti così che Monaldo ne acquista da loro tantissimi, “al prezzo del peso della carta”. Senonchè (ed è qui che sta la sfiga) si presenta da Monaldo pure un vecchio frate ottantenne che gli consegnerà tutti i suoi preziosissimi testi, in cambio solo di una “pensioncina di vitalizio”. Monaldo accetta, è un affare: tanto il frate ha già ottant’anni… Solo che questo campa fino a novantotto.
Giacomino, che però suo padre Monaldo fu anche il primo a introdurre nello Stato Pontificio il vaccino contro il vaiolo: era stato scoperto poco tempo prima dell’inglese Edward Jenner, e cosa fa Monaldo? Lo fa sperimentare sui propri figli; poi, siccome è gonfaloniere della città di Recanati, la rende obbligatoria a tutta la popolazione e anzi, lo inietta lui personalmente a tutti. Altro che ambiente famigliare “retrogrado”!
Giacomino, che a Recanati non c’è solo lui, ma c’è nato pure il grande tenore Beniamino Gigli. E proprio da Recanati emigrò, come tanti agli inizi del Novecento, il signor Angelo, destinazione Sudamerica e precisamente Argentina e precisamente Rosario: ché a Recanati faceva la fame, mentre nel nuovo mondo lui trova lavoro, si fa una nuova vita, mette su famiglia e tanti figli… e da lì una stirpe da cui sarebbe nato circa un secolo dopo un ragazzino bravino con la palla, di nome Lionel detto Leo. Il cognome del ragazzino? Lo stesso dell’avo recanatese Angelo: Messi, Angelo Messi.
Giacomino, che alla sua morte l’amico fidato Ranieri, quando Monaldo gli ordina di mandargli tutte le carte e gli scritti eventualmente prodotti o conservati a Napoli dal celebre figliolo (tantissima roba: Zibaldone, liriche…), risponde: “…No, veramente non c’è niente… non ha scritto niente… qui Jack ha passato il tempo solo a scofanarsi di gelato…” (sì, che ce l’aveva, quei vizi lì: gelato, tabacco e caffè).
Giacomino, che muore senza figli nè successori, e però l’ultimo fratello di Giacomino, Pierfrancesco, no. E sarà lui a dar seguito alla genealogia di famiglia, ed è grazie a lui se oggi abbiamo gli eredi, i Leopardi, che vivono ancora nella Casa Museo, la più piccola dei quali è una bimbetta di 5 anni. Ma quello che vorrei conoscere è il fratello della piccola: un diciannovenne che si chiama pure lui come l’illustre avo, Giacomo, e che adesso pare studi Filologia all’Università.
E io me le immagino, prima d’ogni esame, le notti insonni.
Dei prof. esaminatori, ovviamente. Non di lui.
Tanti auguri Giacomino!