Ok, si sa: i parrucchieri chiusi sono stati una delle grandi tragedie nazionali. Persino il presidente della Repubblica ebbe a farlo notare, ricordate? Ma ora, signore e signori, bambine e bambini, gioite: i parrucchieri sono di nuovo aperti! Gaudio!
FIGLIO 1
“Papà, potremmo andare a tagliare i capelli…”
“Dici davvero? Secondo me stai bene così. Ti fa un po’… Queen anni Settanta”
“Fammi vedere un video!”
“Meglio di no…”
FIGLIO 2
“Papà, dobbiamo assolutamente andare a tagliare i capelli!”
“Dici davvero? Secondo me stai bene così, i ricciolini sono belli…”
“Ma no dai, mi fa schifo, sembro un neonato! E comunque Franci non sembra Freddie Mercury…”
“E chi sembra?”
“Chewbecca”.
Ok. Mi hanno convinto. Bisogna andare dal parrucchiere. Anche l’ultimo tentativo, dopo questi dialoghi, è fallito. La proposta mi era sembrata ragionevole, anzi persino allettante: un bel taglio estivo (in prospettiva, ragazzi, si guarda avanti) con la macchinetta. Belli corti, ché il papà lo sa fare, come dimostra la sua perfetta acconciatura self made. Niente, bocciata.
E allora cerchiamo un parrucchiere, avete vinto vanesi, mi arrendo alla vostra frivolezza. Solo che c’è un problema: il parrucchiere dove andavamo prima di ‘sto delirio non mi sembra adatto al momento. Faccio una perlustrazione in incognito per verificare. Confermo. Un bugigattolo con quattro poltrone appiccicate.
Mi ricordo, prima di ‘sto delirio, che il simpatico ragazzo che taglia i capelli, era solito passare di tanto in tanto il pettine sui jeans, come per pulirlo, quando cadeva per terra. E che teneva delle mollettine in testa che, alla bisogna, staccava dai propri capelli per utilizzarle sul/la cliente durante la realizzazione dell’acconciatura. Mi ha sempre fatto simpatia. Ma adesso, dopo ‘sto delirio, in effetti, non è forse l’ideale.
E quindi vado su Google e cerco: parrucchiere + Covid. Vien fuori un po’ di tutto, ovviamente, ma anche quello che avevo immaginato: i siti di quei parrucchieri che hanno la parola “Covid” in primo piano. E ovviamente non per un’analisi epidemiologica, ma per reclamizzare le proprie misure antivirus in bella evidenza. Centro! Ne scelgo uno che sembra – almeno dal sito – più igienizzato della sala operatoria dello Spallanzani.
Si va. I ragazzi sono euforici. Fabri favoleggia di tagli da rapper improponibili, Franci è andato a vedere il video di “We are the Champions” e, tutto sommato, ci ha fatto un pensiero.
Arriviamo, ci misurano la temperatura (“Oh, papà, allora è vero che stanno attenti!”), ci fanno disinfettare le mani, ci portano le giacche a sanificare “con l’ozono” (boh, non chiedetemi di più, annuisco e lascio fare). Tutti indossano la mascherina FFP2. Io mentalmente faccio i conti del sovrapprezzo per tutto questo, ma va bene così.
Dopo una mezz’ora è tutto finito. Ho sentito mio figlio dire: “boh, sì cioè, un po’ più corti…”. E l’altro mio figlio dire: “allora, li vorrei rasati ai lati e dietro, ma non troppo, il ciuffo invece lungo e, se possibile, lo vorrei schiarire con dei colpi di sole”. Ho visto un giovane parrucchiere tatuato rivolgermi uno sguardo solidale e attendere un mio assenso. “Ok, va bene”. Faccio mentalmente i conti del sovrapprezzo “figlio tamarro”. Aggiungo.
Adesso stiamo camminando verso casa. Fabrizio è al settimo cielo, si specchia nelle vetrine, si passa la mano nel ciuffo sbiondito. “Posso andare da Marco a fare vedere i miei capelli nuovi?”. Ma certo, tesoro. Ah, mi devi 25 euro, ti faccio lo sconto, grazie.
Francesco non si guarda nelle vetrine. Ma, appena arriviamo a casa, prende la chitarra elettrica e butta lì l’assolo di Killer Queen.
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