Cerchiamo una tregua in noi per sperare in quella sui campi di battaglia. Fare i conti con se stessi è condizione perché la realtà cambi. Così funziona la psiche: non puoi cambiare un altro se non hai prima cambiato il tuo cuore. Già, ma come, se attorno è nebbia, violenza, individualismi, impotenze? Aiuto e ispirazione posson venire dalla Preghiera per l’Europa di Martini del 2005, parole pregne di laicità e profezia, acme di anni di prossimità, incontri, cultura. Dice il testo: «Padre dell’umanità, Signore della storia, guarda questo continente europeo al quale tu hai inviato tanti filosofi, legislatori e saggi, precursori della fede nel tuo Figlio morto e risorto.
Guarda questi popoli evangelizzati da Pietro e Paolo, dai profeti, dai monaci, dai santi; guarda queste regioni bagnate dal sangue dei martiri e toccate dalla voce dei Riformatori. Guarda i popoli uniti da tanti legami ma anche divisi, nel tempo, dall’odio e dalla guerra. Donaci di lavorare per una Europa dello Spirito fondata non soltanto sugli accordi economici, ma anche sui valori umani ed eterni. Una Europa capace di riconciliazioni etniche ed ecumeniche, pronta ad accogliere lo straniero, rispettosa di ogni dignità. Donaci di assumere con fiducia il nostro dovere di suscitare e promuovere un’intesa tra i popoli che assicuri per tutti i continenti, la giustizia e il pane, la libertà e la pace». Le radici, 1989 anno cruciale: all’Onu si parlava di nuovo ordine mondiale e Gorbaciov cambiava l’Urss. A Basilea i cristiani si riunirono dopo 500 anni: Martini rappresentava i cattolici; Aleksij (Metropolita a Leningrado, poi Patriarca): ortodossi, protestanti, anglicani. Prospettarono un’Europa “casa comune” dall’Atlantico agli Urali, dal Mare del Nord al Mediterraneo, su tre pilastri: «Giustizia, pace, salvaguardia della Creazione». Si disse a Basilea che l’eurocentrismo avrebbe portato «alla terza guerra mondiale»; si puntò su la «conversione del cuore», base di riforme, perché «le trasformazioni politiche e sociali che oggi accadono in Europa danno motivi di speranza». Il sogno ecumenico fu uno dei cunei che a Berlino minò il Muro. Moriamo noi; i sogni no: son braci da riattizzare, pure per chi non crede e chi gli fa guerra.