Da leggere per chi parla di armi nucleari come dell’ultimo drink, per quelli che non si sono ancora alzati dal divano e scesi in piazza vedendo in tv i missili russi insidiare la centrale di Zaporižžja, per noi tutti che pensiamo ai gradi del calorifero di casa e non a costruire pace, giustizia, libertà. Parla un’insegnante evacuata da Černobyl’ (1986): «Ci è accaduto qualcosa che è oltre Kolyma, Auschwitz e l’Olocausto; la tecnica ci ha portato ai confini di un altro mondo. Ma non abbiamo le cognizioni necessarie. C’è la cultura prima di Černobyl’ ma non c’è quella dopo Černobyl’. Viviamo tra le idee della guerra, del fallimento del socialismo e di un futuro incerto. Mentre invece avremmo proprio bisogno di dare un nuovo significato al nostro futuro, noi che a un tratto ci siamo ritrovati senza le grandi prospettive che ci aspettavamo. Soffriamo la mancanza di nuovi concetti, idee, pensieri. Dove sono i nostri scrittori, filosofi? Perché tacciono? E non parlano del fatto che la nostra intellighenzia, proprio quella che più di tutti ha auspicato e preparato la libertà, ora è stata messa da parte. Indigente e umiliata. Ho scritto questa lettera perché rimanesse la verità di quei giorni e dei nostri sentimenti». Traggo la pagina da Preghiera per Černobyl’ di Svetlana Aleksievič Nobel per la Letteratura 2015 «per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo». In lei ribollono speranze, delusioni, angosce, fantasmi, rivincite, frustrazioni, impotenze: il cupio dissolvi possiede. Nata in Ucraina nel 1948 padre bielorusso e madre ucraina, riparata in Germania per sfuggire a Lukashenko ha testimoniato la parabola dell’homo sovieticus: traumi post 2a Guerra Mondiale; ritiro di Mosca dall’Afghanistan; Černobyl’ (il testo citato, 1997, appena pubblicato da Bompiani); suicidi alla fine dell’URSS. Aleksievič culla la speranza di «tornare al cuore dell’uomo» (altro testo del libro). Ma paventa il rischio distruttività totale. Conosce Russia e Putin. Raccomanda accortezza. Aiutare l’Ucraina e utilizzare ogni possibilità della diplomazia. S’allunga l’Ombra del «non c’è la cultura del dopo Černobyl’». Non ci resta che pregare, Svetlana?
Preghiera per Černobyl’ perché «non c’è la cultura del dopo Černobyl’»
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Marco Garzonio
Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.